di Giuseppe Facchini
Parte il 106esimo Giro d'Italia. Grande attesa per la tappa del 24 maggio con partenza da Pergine Valsugana e arrivo a Caorle. Nicola Conci, il forte passista scalatore perginese è in gara per il team Alpecin-Deceuninck, la squadra di Mathieu Van der Poel. Nicola è stato più volte componente della nazionale azzurra, sia in quella giovanile che assoluta ed è un ciclista che merita tanto, per l’impegno e la serietà che lo contraddistinguono.
Nicola, come ti sei preparato per il Giro d’Italia?
«La prima corsa in Portogallo era andata abbastanza bene, poi ho disputato una serie di gare in Spagna, ma al Giro dei Paesi Baschi ho dovuto ritirarmi per una forte influenza. Quindi non ho corso tantissimo, tre corse a tappe, poi ad aprile mi sono allenato in altura con la squadra al vulcano Teide sopra Tenerife, un posto ideale per gli allenamenti con un ottimo clima, in modo intenso ma allo stesso tempo tranquillo. Da fine aprile sono di nuovo in Italia pronto per la partenza del Giro il 6 maggio».
Quali sono le tue aspettative per questa grande gara a tappe?
«Sarà molto emozionante la partenza della tappa da Pergine e anche il giorno prima l’arrivo in Bondone. È il mio terzo giro dopo quello del 2019 del quale ricordo il passaggio sul Manghen e del 2020. Le aspettative ci sono. Dopo il passaggio nel 2018 al professionismo per 4 anni ho avuto il problema all’arteria iliaca per cui poi mi sono operato per una occlusione dovuta probabilmente alla posizione in bici che mi causava mancanza di sensibilità e una perdita di forze alle gambe. La scorsa stagione dopo l’operazione ero partito bene con la nuova squadra russa, ma poi ha dovuto sospendere l’attività in seguito alla situazione internazionale. Ho quindi corso per la squadra della Nazionale italiana con qualche buon risultato».
Come ti trovi nel nuovo team?
«Mi trovo molto bene, siamo una bella squadra al Giro, con noi anche un ottimo velocista australiano. Punteremo principalmente alle singole tappe con una certa libertà anche se sempre al servizio del team. Con il fatto che al Giro non ci sia Van der Poel che farà il Tour e che è l’uomo di riferimento della squadra, ognuno di noi può avere delle possibilità».
Come proseguirà la tua stagione?
«Il 24 giugno disputerò i campionati italiani in Trentino a Comano, poi tornerò in altura e a fine luglio altre gare in Polonia, Germania, Canada fino al blocco di corse finali come il Giro di Lombardia».
Quali le tue caratteristiche?
«In base ai risultati che ho ottenuto sono un passista scalatore quindi abbastanza adatto ai percorsi più duri, anche se non sono uno scalatore puro, sono alto 1.85 e non leggerissimo ma in generale ho sempre fatto meglio nei percorsi misti o più duri».
Qual è la situazione del ciclismo attuale?
«Stiamo vivendo un'epoca particolare con 5 /6 corridori che sono due spanne sopra gli altri e se ci sono vincono quasi sempre loro. Sto parlando di Pogacar, Van Aert, Evenepoel, Vingegaard, Van der Poel, Roglic, sono quasi alieni e gli altri si dividono quello che rimane. Lo scorso anno ai campionati del mondo ho gareggiato anch’io, come nazionale abbiamo corso molto bene, ma Evenepoel era imbattibile. È un professionismo più tecnologico, una volta i professionisti si allenavano tardi, da dicembre gennaio, ora corri fino ad ottobre e tre settimane dopo ricominci con la bici da corsa e la palestra. Ci si allena quasi sempre, qualche giorno di riposo sperando sia di domenica, ma capita poche volte».
Come ricordi la tua vittoria a Borgo Valsugana nella Coppa d’oro 2013?
«Una giornata stupenda, una gara importantissima per gli allievi, per tutta la stagione mi allenavo con i compagni e con mio papà su quel percorso, ci tenevo tanto e quindi vincere è stato stupendo. Anche con gli organizzatori ho un bel rapporto di amicizia che prosegue tuttora. Finita la corsa tutti al monte da mia nonna con la famiglia, una giornata speciale».
Come hai iniziato nel ciclismo?
«Grazie a mio papà Michele. Mi piaceva fare sport in generale, prima con lo sci da discesa, poi hockey, calcio. Ho fatto un giro in bici con lui a sua volta ciclista ed è iniziato tutto».
Cos’è è per te il ciclismo?
«Il ciclismo che stiamo vivendo è estremizzato ai massimi livelli un po’ come tutto in generale, vi è una quantità di informazioni enorme, ci si allena in un certo modo, si mangia in un certo modo, non si lascia nulla al caso. Rispetto a 10-15 anni fa è più stressante, ma senza la passione sarebbe ben difficile fare un lavoro così. Mi piace tanto andare in bici, anche oggi prima dell’intervista ho percorso 6 ore e mezza, e questo nonostante la fatica, la mia passione è forte e rimane tale».
Qualche hobby?
«Suono la chitarra, ho fatto un corso con la scuola dei Rising Power, poi tra la bici e il liceo scientifico al Curie di Pergine non mi riusciva di conciliare la cosa e ho studiato chitarra on line. Quando posso suono volentieri».
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