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Immagine del redattoreil Cinque

CON L'ASSOCIAZIONE VOL.A. ONLUS la macchina per i tamponi all'Ospedale di Feltre


Marco Deiana e Dario De Bortoli coordinatore Direzione medica 'Ospedale di Feltre con il macchinario per i tamponi

Marco Deiana, presidente dell'Associazione Volontari Ambulanza Onlus di Santa Giustina (Belluno), ci racconta la storia di questo sodalizio, nonché l'iniziativa, in collaborazione con la Cassa Rurale Valsugana e Tesino, per la raccolta di fondi finalizzata all'acquisto di un macchinario per processare i tamponi molecolari all'Ospedale di Feltre...


Presidente Deiana, subito dopo lo scoppio della pandemia, la vostra associazione ha promosso una grande iniziativa di solidarietà...

«Sì, l’acquisto di una strumentazione di diagnostica molecolare per verificare la positività dei tamponi al COVID-19 per l’ospedale di Feltre.»


Com'è nata l'idea?

«Avendo nel nostro parco mezzi un’auto per il trasporto degli organi, durante le prime fasi della pandemia abbiamo trasportato i tamponi dall’Ospedale di Feltre a quello di Belluno, essendo la prima struttura sprovvista del macchinario necessario per processarli. Da qui l'idea di promuovere una raccolta fondi per acquistare questo macchinario molto costoso. Un'iniziata nata un po’ in sordina, cercando di coinvolgere tutti e debbo ringraziare ogni singola persona che ha effettuato una donazione – grande o piccola che sia – nonché la Cassa Rurale Valsugana e Tesino che ci ha dato un grandissimo aiuto, tanto che siamo riusciti a raccogliere circa 130 mila euro, potendo così donare all'Ospedale di Feltre il macchinario per i tamponi e anche i reagenti.»

Quanti tamponi sono stati effettuati con questa macchina donata anche grazie alla CRVT?

«Finora sono stati eseguiti oltre 18 mila tamponi. Un numero davvero impressionante, che per noi rappresenta un motivo d'orgoglio. Inoltre, quando non sarà più necessario processare i tamponi – il che vorrà dire che la pandemia sarà finalmente finita – la macchina potrà essere riconvertiva per altre finalità».


Quand'è nata l'Associazione?

«La nostra associazione mosse i primi passi circa 15 anni fa, intercettando un’esigenza evidenziata proprio dall’Ospedale di Feltre: trovare sul territorio mezzi e persone che si occupassero dei trasferimenti secondari, ovvero del trasporto dei pazienti dall’ospedale verso casa, dopo le dimissioni, ma anche del trasporto dalle abitazioni verso gli ospedali, ad esempio per le persone anziane e non autosufficienti.»

Così nacque Vol.A.?

«Esatto. Partimmo in pochi, con una sola ambulanza – peraltro comprata usata, vecchissima – e pian piano cominciammo a farci apprezzare per il nostro lavoro e a crescere di numero. Oggi, infatti, possiamo contare sull’apporto di circa 70 volontari, disponiamo di 5 ambulanze e di un’automedica. Svolgiamo servizi in convenzione con l’Usl sia per l’ospedale di Feltre che per quello di Belluno, continuando ad occuparci di trasporti secondari, ma anche di qualche trasporto di emergenza in collaborazione con il 118. Inoltre siamo sempre presenti in occasione di manifestazioni sportive o altri eventi pubblici, servizio che purtroppo da circa un anno non possiamo più svolgere per evidenti ragioni legate alla pandemia che ha annullato pressoché ogni tipo di manifestazione pubblica.»


Un auspicio per il futuro?

«Che i privati cittadini, nonché gli organi istituzionali e la Cassa Rurale Valsugana e Tesino, continuino a sostenere i nostri servizi e le nostre iniziative, ma anche il fatto di poter trovare una sede più consona alle nostre necessità. Per il nostro lavoro, infatti, necessitiamo di una struttura con un capannone in cui ricoverare i nostri mezzi, a bordo dei quali vi sono strumentazioni costose e delicate. Ma abbiamo bisogno anche di una sede che disponga di un ufficio con un piccolo appartamento annesso, dove le persone in servizio possano sostare in maniera confortevole nell’attesa della chiamata da parte della centrale operativa del 118. Attualmente abbiamo preso in affitto un vecchio edificio che è stato adattato alle nostre esigenze, tuttavia speriamo di riuscire a trovare una sede più funzionale e adeguata ai nostri scopi».

Per chi volesse darvi una mano, diventando volontario?

«Circa una volta all’anno organizziamo un corso per aspiranti volontari, attraverso il quale – grazie alla disponibilità e collaborazione di alcuni medici e infermieri – formiamo i nuovi volontari, i quali poi potranno sostenere l’esame ed essere accreditati presso un centro di formazione USL, ottenendo l’abilitazione a svolgere il ruolo di Soccorritore Base, imparando tutte le pratiche del primo soccorso, nonché frequentando degli appositi corsi di guida, dato che – non dimentichiamolo – una volta formato, il volontario si troverà su un’ambulanza da solo e quindi dovrà essere in grado di far fronte alle innumerevoli problematiche che inevitabilmente si presentano durante questi tipi di intervento, dove tutto può succedere e dove occorre essere preparati al meglio.»

Quanto contano realtà associative come la vostra, in un contesto di montagna come quello bellunese?

«Direi che sono proprio fondamentali. Noi, come tutte le altre associazioni di volontariato, operiamo per delle finalità ben enunciate in termini statutari. Quello che però non appare mai scritto sulla carta sono le difficoltà che si incontrano in determinati contesti. Perché un conto è muoversi in pianura, dove magari tutti i servizi sono accentrati nel raggio di pochi chilometri; tutt’altra cosa è operare in montagna, dove la distanza, unita a una rete viaria tortuosa, si trasformano in un surplus di tempo richiesto nello svolgimento di un determinato servizio che alla fine risulta davvero impegnativo. Infatti accompagnare una nonnina a fare una visita in ospedale talvolta può comportarci anche 7 ore di servizio, una fatica che noi volontari mettiamo in conto e accettiamo di buon grado, sia perché fa parte della nostra mission, ma soprattutto perché il “grazie” finale che ci viene rivolto dal paziente o dalla sua famiglia è una soddisfazione tale che ci ripaga immediatamente di tutta la stanchezza accumulata.»


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