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Trento. Quale 2023 per l'Ucraina?





La Biblioteca Archivio del CSSEO, organizza a Trento, nella Sala conferenze della Fondazione Caritro (Via Calepina 1), mercoledì 11 gennaio 2023, alle ore 17,30, l’incontro-dibattito “Quale 2023 per l’Ucraina?” Intervengono Dalio Elia, Fernando Orlandi e Matteo Zola. Introduce Massimo Libardi. L’incontro-dibattito può anche essere seguito on-line sulla piattaforma Zoom al seguente link:



Facile era la previsione che la tregua dichiarata dal presidente Vladimir Putin per il Natale ortodosso non sarebbe stata rispettata. Si ripete una vecchia storia, a cui gli ucraini non avevano creduto. L’annunciata tregua probabilmente doveva servire a riorganizzare le truppe russe in sofferenza e fare arrivare uomini e armi nei luoghi in cui si combatte duramente, come a Bahkmut, col fine di preparare una nuova offensiva.

L’uccisione di molte centinata di soldati russi allo scoccare dell’anno nuovo a Makiivka ha traumatizzato quell’esercito, mentre i blogger filo-guerra si sono scagliati con violenza contro i comandi militari tacciati di incompetenza criminale.

L’affronto doveva essere lavato e quindi Mosca ha fatto sapere di avere colpito due scuole a Kramatorsk dove alloggiavano in gran numero soldati ucraini, uccidendone ben 600: “Una rappresaglia per la strage di Makiivka”, ha dichiarato il general maggiore Igor’ Konashenkov, portavoce del Ministero della difesa russo.

Era solo propaganda: riferisce infatti “The Guardian” che alcuni reporter della Reuters hanno visitato i due dormitori che sarebbero stati distrutti: nessuno è stato colpito da missili. Non solo non c’erano segni che avessero ospitato centinaia di militari, ma neppure le minime tracce di corpi o sangue. Altri giornalisti stranieri presenti nella zona non hanno rilevato alcuna attività particolare a Kramatorsk, neppure negli obitori.

La rappresaglia del general maggiore Konashenkov era soltanto propaganda per salvare la faccia.

Meno chiaro è il tipo di messaggio che Putin ha voluto mandare con il breve video in cui in solitario presenzia ad una supposta messa di Natale nella cattedrale dell’Annunciazione di Mosca.

“Supposta messa” perché la luce che filtra dalla finestra è quella del giorno. Insomma, un video sceneggiato con una qualche sciatteria: Putin non è andato alla messa di Natale, si è solo messo in posa in chiesa. Osservato questo, ci si deve chiedere perché, quale messaggio voleva trasmettere? Uno zar al comando, talmente onnipotente da non potere essere affiancato da nessuno, che dialoga direttamente con Dio? Se questa era l’intenzione, il risultato è ben altro: Putin ha più il portamento di un pensionato stanco, assente, volto e postura più adatti a un funerale che alla celebrazione della Natività. L’immagine è quella di un uomo in non buone condizioni salute (siano ben fondate le indiscrezioni lasciate trapelare dai servizi segreti danesi?), altro che il maschio alfa di qualche tempo fa.

Sembra un fallito, proprio come fino ad oggi è fallita l’“operazione speciale” del secondo esercito del mondo. A nulla sono serviti i recenti 300mila reclutati. E così per la primavera si aspetta un ulteriore reclutamento di molte centinaia di migliaia di soldati (il decreto firmato da Putin nella versione pubblica recava degli omissis: ecco, prevedeva fino a un milione di reclute).

Siamo al giorno 320 della guerra, di una guerra che secondo i piani sballati del padrone del Cremlino si doveva risolvere vittoriosamente in una settimana o giù di lì. Dal 24 febbraio dello scorso anno sono cambiate molte cose: le forze armate ucraine stanno iniziando a ricevere armi sofisticate di recente produzione che permettono di colpire il nemico a distanza e con grande precisione, mentre l’esercito russo di un anno fa non c’è più. Le grandi perdite umane (per ogni caduto ci sono almeno due feriti, cui si debbono aggiungere disertori e prigionieri) e le ingenti distruzioni dei migliori mezzi a disposizione hanno cambiato il volto di quella forza militare: oggi al posto di professionisti ci sono dei coscritti, per giunta con un morale non troppo alto.

Resta un esercito capace di grandi distruzioni, non è certo sconfitto, ma non è più adeguato ad operazioni offensive. Lo si vede anche da quanto sta accadendo nelle ultime settimane: tenta di conservare quello che ha conquistato e organizzare contrattacchi su scenari locali, mentre persegue la distruzione di infrastrutture civili.

Altra faccenda per il morale e la capacità dell’esercito ucraino, mentre si prospetta la fornitura di nuovi sistemi d’arma, fra cui quelli capaci di garantire lo spazio aereo (anche di questo si discuterà nell’imminente riunione convocata il 20 gennaio nella base aerea di Ramstein, in Germania).

Ma questa guerra non è iniziata il 24 febbraio 2022. È iniziata oltre dieci anni fa ed è stata preceduta da uno stillicidio di azioni ostili, sia politiche che economiche, e da una martellante campagna tesa a negare il diritto all’esistenza dell’Ucraina. Ma l’Ucraina esiste e non da oggi.

Discutono di quanto è accaduto in Ucraina e quali sono gli scenari che si prospettano: Danilo Elia, inviato del programma di Rai 3 EstOvest, che fin dalla prime manifestazioni sulla Maidan ha seguito gli eventi che hanno portato all’invasione russa; Fernando Orlandi, della Biblioteca Archivio del CSSEO; e Matteo Zola, direttore di “East Journal”, e collaboratore di Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI.






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