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Tra passato e presente l'oscuro landsturmer di quota 1608

Aggiornamento: 24 feb 2021


Monte Salubio, gennaio 1916. Alpini in osservazione del costone di Pastronezze, che termina a destra con la q.1608

Estate 1999, Trentino orientale, versante nord di Valsugana, poco a sud del passo Manghen, alla confluenza della val di Fregio nella bassa val Calamento: un tranquillo signore di mezz’età si aggira, in un caldo sabato agostano, impugnando zappetta e metal detector...

di LUCA GIROTTO


Il nostro signore, in abbigliamento da "turista della domenica", vaga distrattamente sul cosiddetto Col della Pertica, un modesto dosso boscoso quotato 1615 metri s.l.m. dall’IGM, che rappresenta l’estremità orientale del lungo costone (il “Col di Fregio”) che scende con andamento ovest-est dalla prativa cima Pastronezze (m 2182).

Una strada forestale rende estremamente facile l’avvicinamento da nord-ovest al rotondeggiante rilievo, mentre il versante orientale strapiomba con ripide balze rocciose sulla sottostante confluenza tra due torrenti: il Maso di Calamento ed il Masolo di Fregio.

Proprio tra quelle abetaie l’escursionista ha speso buona parte della mattinata alla ricerca di testimonianze materiali degli scontri italo-austriaci qui verificatisi tra 1915 e 1916, ma senza molta fortuna.


IL VAGABONDARE quasi casuale, punteggiato dai fastidiosi trilli del segnalatore di metalli, lo ha in poche ore condotto all’avvallamento appena accennato che con il suo andamento circolare rappresenta quanto rimane della ridotta blindata costruita dalle regie truppe proprio sulla sommità del cocuzzolo.

Noto nella cartografia militare del '15 –'18 come "quota 1608", il Col della Pertica era infatti divenuto per breve tempo, tra il gennaio ed il maggio 1916, uno dei caposaldi della linea difensiva italiana contro la quale urtò l’estrema ala sinistra dell’offensiva austriaca della “di primavera”, la ben nota “Strafexpedition”.


SPOSSATO E SEDUTO su di un ceppo poco discosto dall’ormai quasi irriconoscibile trinceramento, spento con stizza il “cercametalli”, l’uomo consuma un meritato spuntino quando l’occhio gli cade su un oggetto cilindrico color alluminio che spunta tra gli aghi di pino ricoprenti il terreno. Pare un collo di bottiglia…

La stanchezza e la frustrazione di ore di infruttuosa ricerca spariscono in un attimo: pochi secondi e l'infernale aggeggio è di nuovo in funzione con i suoi monotoni “bip-bip”.


La borraccia con la scritta incisa

IL SOFFICE HUMUS del sottobosco non offre resistenza, né disturbano troppo le onnipresenti radici superficiali degli abeti. Rapidamente l’oggetto emerge dal terriccio: una borraccia austriaca mod. 1909 in alluminio, reperto abbastanza ordinario se non fosse per una scritta incisa sul dorso ad indicare, forse, le generalità del vecchio proprietario. Sull’oggetto si può infatti leggere: “J.M. II Z. 166LST J.B.”.

Ma, vicino a questo primo reperto, lo strumento elettronico rivela ben presto la presenza di altri oggetti metallici interrati.

La paziente ricerca permette in un paio d’ore di portare alla luce una serie di “detriti” così elencabili: alcuni bottoni austroungarici da cappotto, tre monete della monarchia danubiana (tutte recanti la punzonatura “EIN KREUZER”), un rugginoso temperino a serramanico con impugnatura in bakelite recante su un lato la scritta “CUPRON MORAVIA” e sull’altro, difficilmente leggibile, “VENEZIANI S. p. A. TRIESTE”, alcuni bossoli in ottone di munizioni per fucile Mannlicher M95, una fibbia da cintura mod. 1888 con un brandello di cinturone in cuoio, un fischietto metallico con catenella e moschettone ed una suola in cuoio con chiodatura austriaca.


UNA SECONDA ricognizione, condotta due settimane dopo nel medesimo luogo, permette ulteriori interessanti ritrovamenti oltre a quello di un rilevante quantitativo di bossoli sparati: un gancio per sospensione-giberne appartenuto ad uno zaino alla tirolese (Rucksack) o ad un “cinghiaggio ad Y” (Traggerhust), un paio di forbici, una Zeitzunderhandgranate (bomba a mano difensiva austriaca estremamente diffusa su tutti i fronti) una coccarda da berretto recante le iniziali “FJ-I” e vari altri bottoni, uno spazzolino da denti in materiale semitrasparente di colore ambrato recante la scritta “GRÜNEBERG KÀROLY-POZSONY” ed una baionetta “ersatz” (di ripiego) a impugnatura piatta.

Un buon bottino per il ricercatore di reperti; ma, tempo qualche giorno, l’interesse va scemando, sostituito da quello per altri ritrovamenti in differenti zone del fronte … E il tutto, fortunatamente datato ed “inscatolato”, finisce ben presto su uno scaffale del garage di casa.

MA QUALI ERANO stati gli eventi che nella Grande Guerra potevano aver coinvolto la “quota 1608” determinando la dispersione del materiale fortunosamente riemerso dal terreno dopo quasi un secolo?

Nell’inverno 1915-1916 il fronte italiano sulla destra orografica della valle del Maso (tributaria settentrionale della Valsugana) aveva in monte Salubio il perno di manovra dal quale partivano tutte le operazioni volte a modificare l’andamento delle occupazioni avanzate.

Protetto dal possente rivellino di monte Ciste, il Salubio era sede di magazzini, baraccamenti, riserve, ecc., nonché centro di comandi tattici e appostamento d’artiglierie capaci di spaziare dal massiccio dell’Armentera (a sud del fiume Brenta) al passo Cinque Croci. Unico difetto era la quota, relativamente bassa (1886 m s.l.m.).

LE VEDETTE ITALIANE si stendevano dal Ciste verso nord lungo il Col di Lavoschietto ed il Col della Pozza fino alla località Ponte di Salton (confluenza del Masolo di Val Fregio con il Maso di Calamento), per risalire da qui sulla destra di val delle Ziese sul costone meridionale di monte Setole. Dai 2208 metri della vetta, esse si portavano poi ad est fino al Tombolo di Montaletto per poi precipitosamente scendere attraverso i boschi fino allo sbarramento di val Montalon, all’altezza di villa Buffa.


IL PUNTO PIÙ debole di questo schieramento era chiaramente la confluenza tra Fregio e Calamento, laddove si erge proprio il Col della Pertica: il cocuzzolo, roccioso e coperto da vegetazione ad alto fusto, si presentava in effetti come la chiave tattica per






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