Se chi dorme non piglia pesce… con il lockdown va ancora peggio. Infatti, con oltre la metà del pescato in Italia (55%) che viene consumato fuori casa, la chiusura prolungata dei ristoranti affonda la flotta italiana con 12mila pescherecci e 28mila posti di lavoro. Questo l’allarme lanciato dalla Coldiretti sugli effetti del lockdown prolungato al primo giugno.
Lo stop forzato alla ristorazione fino alla vigilia dell’estate è un duro colpo per il settore ittico che coinvolge anche la chiusura a cascata delle pescherie e dei mercati ittici all’ingrosso e alla produzione.
Ad aggravare la paralisi del settore sono i limiti agli spostamenti che hanno causato anche il crollo della domanda di pesce fresco per consumo casalingo con la nuova tendenza a fare la spesa ogni 2-3 giorni, per evitare di doversi recare spesso al supermercato, che ha portato i consumatori ad orientarsi verso conservati e surgelati.
In difficoltà anche gli oltre 800 allevamenti ittici diffusi lungo tutta la Penisola. Il consumo pro capite di pesci, molluschi e crostacei in Italia si aggiorna attorno ai 30 chili all’anno con la preferenza fuori casa accordata a polpo, vongole veraci, cozze da allevamento, seppia, tonno, astice, branzino, pesce spada e orata.
La possibilità di vendita a domicilio e dell’asporto – sostiene la Coldiretti – è una importante opportunità anche se non sufficiente ad aiutare il settore soprattutto alla luce del crack turistico.
La chiusura forzata di bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi ha dunque un effetto a valanga sull’agroalimentare nazionale con il valore dei mancati acquisti in cibi e bevande per la preparazione dei menu che sale a 5 miliardi per effetto del lockdown prolungato al primo giugno, secondo stime della Coldiretti che sottolinea come oltre al pesce ad essere colpiti sono anche vino, birra, carne, frutta e verdura ma anche salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco.