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Novaledo. Quel tragico Natale di Maria e Ginevra




di PAOLO CHIESA

In questo giorno di Natale, in cui le persone lasciano da parte pensieri e preoccupazioni e nelle case regnano la gioia e i buoni sentimenti, non guasta ricordare le tragedie che quasi ottant'anni fa si consumavano anche qui, in una Valsugana che come il resto del Trentino era inserita nella “Zona d’operazione delle Prealpi” occupata dalla Germania nazista.



QUESTO È IL RACCONTO DI uno di quei fatti, successo la mattina di Natale del 1944.

In quel giorno che da sempre è uno dei più belli e sereni, Maria Zen, una donna di Novaledo che all’epoca aveva 45 anni, venne arrestata insieme alla figlia Ginevra di 23 dalle SS tedesche che erano di stanza a Roncegno.

Maria era la vedova di Michele Margon, un Kaiserjäger caduto in Galizia dove era stato mandato a combattere durante la Prima Guerra Mondiale.

Lei, rimasta con i quattro figli Emma, Placido, Agnese ed Ettore, dopo la fine del conflitto si era risposata con Giuseppe Pedrotti, un soldato italiano che si era stabilito in Trentino.


DA QUEL SECONDO matrimonio erano nati altri due figli: Ginevra e Giuseppe.

Quest’ultimo, allo scoppio della seconda guerra mondiale aveva frequentato i corsi del Corpo Regi Equipaggi Marittimi di Venezia ed era stato destinato come marinaio a Spalato.


DOPO L'ARMISTIZIO DELL'8 settembre che aveva sancito la fine dell’alleanza tra Italia e Germania, Giuseppe era riuscito a tornare a casa. In seguito era stato precettato e richiamato a Bolzano nella FLAK, il reparto di artiglieria contraerei tedesco. Se non avesse accettato sarebbe stato arrestato ed avviato in un campo di concentramento. Lui non accettò iniziando invece a collaborare con i partigiani che operavano allora in Valsugana.

E torniamo ora a quel mattino di Natale del 1944. Giuseppe si era rifugiato a Novaledo per curare una broncopolmonite che lo aveva colpito.

UNA SPIA CHE LAVORAVA alla stazione ferroviaria segnalò la sua presenza in paese ai tedeschi che subito si presentarono a casa sua per arrestarlo.

Lui, febbricitante, riuscì a fuggire discendendo il paese ed attraversando il Brenta. I nazisti, non trovando il padre di Giuseppe che si era nascosto, decisero di rivalersi sulla madre e sulla sorella.

Dopo avere perquisito e svuotato la loro casa e razziato gli animali della famiglia, le arrestarono.

Qualche giorno dopo Maria e Ginevra vennero fatte salire su un camion che le portò al Lager (Durchgangslager) di Bolzano dove entrarono il 4 gennaio del 1945: Maria con numero di matricola 8056 e Ginevra 8057.


CON LORO SUL CAMION, come riportato dallo storico Giuseppe Sittoni nel suo libro “Uomini e fatti del Gherlenda”, c’erano anche dieci partigiani o presunti

tali che erano stati catturati dalle SS durante un rastrellamento a Castello Tesino.

IL LAGER DI BOLZANO, situato nell’attuale via Resia al civico numero 80, era entrato in attività nell’estate del 1944, quando era stato chiuso il Campo di Fossoli a Carpi in provincia di Modena.

Era un campo di raccolta e di smistamento prevalentemente di prigionieri civili politici e razziali e in misura minore di prigionieri militari.


VI FURONO INTERNATE più di 10 mila persone tra le quali 160 trentini, come documentato nel libro “Il popolo numerato. Civili trentini nel Lager di Bolzano 1944-1945”, realizzato dal Laboratorio di storia di Rovereto.

Una parte dei detenuti trascorse nel Lager o nei campi da esso dipendenti tutto il periodo della deportazione, mentre alcuni di loro vennero avviati ai Lager nazisti d’Oltralpe.


TRA QUESTI ULTIMI ci furono anche 52 dei 205 trentini che, come riportato nell’altra pubblicazione del Laboratorio di storia di Rovereto intitolata “Almeno i nomi. Civili deportati nel Terzo Reich. 1939-1945”, vennero deportati nei campi in Germania.

Nonostante non si trattasse di un campo di sterminio come quelli più tristemente noti di Auschwitz, Buchenwald o Dachau, furono molte le persone detenute a Bolzano che vi morirono di fame e di stenti o in seguito ai maltrattamenti e alle sevizie di sadici aguzzini come il famigerato Michael (Misha) Seifert o come la temuta Hildegard Martha Luisa Lächert soprannominata per la sua ferocia la “Tigre”.


MARIA ZEN E GINEVRA Pedrotti rimasero nel Lager di Bolzano fino al primo maggio del 1945. Due giorni dopo il campo venne chiuso per disposizione dei Comandi tedeschi e diventò subito un campo di sosta per sbandati, senzatetto e profughi che a causa della guerra erano stati privati della propria casa.

In seguito venne adibito ad usi sociali diventando anche una colonia che accoglieva i molti bambini bisognosi della zona.


QUESTA "SECONDA VITA" del campo durò fino agli anni sessanta quando le strutture dell’ex Lager vennero progressivamente abbattute per lasciare spazio ad un insediamento di edilizia popolare.

Questa è la storia di Maria e Ginevra di Novaledo che tornarono a casa con il sollievo di essere scampate a un destino che poteva essere peggiore ma che furono comunque costrette ad affrontare un periodo come quello del dopoguerra che anche in Valsugana si rivelò pieno di miseria, difficoltà ed incertezza.

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