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Museo Nicolis: quel sogno diventato eccellenza


Nostra intervista a Silvia Nicolis, figlia di Luciano fondatore del Museo Nicolis di Villafranca, un'autentica eccellenza italiana e internazionale..


di GIUSEPPE FACCHINI

Il Museo Nicolis di Villafranca (Verona) racconta attraverso centinaia di automobili, motociclette e biciclette, l’evoluzione dei mezzi di trasporto degli ultimi due secoli. Ma in realtà il museo è uno scrigno di rari capolavori di meccanica e di stile. Infatti le collezioni del Museo sono 10 e comprendono quelle delle macchine fotografiche, cineprese e cinematografiche, strumenti musicali, jukebox, macchine da scrivere, piccoli velivoli... Per le auto vi sono i marchi più gloriosi: Alfa Romeo, Ferrari, Lancia, Maserati, Bugatti, Roll Royce, Avions Voisin, Darracq, Isotta Fraschini.

All’area espositiva si affiancano il Centro Congressi, lo Spazio delle Idee, l’archivio storico, la sezione didattica, la biblioteca.

Tutto nasce da Luciano Nicolis, imprenditore del recupero di materie prime e secondarie e in particolare della carta da macero, all’insegna della raccolta e del riutilizzo. In tanti anni Nicolis, dove altri vedevano solo rottami ha scovato in tutto il mondo auto d’epoca, le ha recuperate, restaurate e riportate all’antico valore.


Dottoressa Nicolis, come è nata questa eccellenza italiana?

«Il Museo è la realizzazione del sogno di mio papà che era un uomo degli anni '30, nato povero, come gran parte delle persone di quel periodo. Lui e mio nonno giravano con la bicicletta, piuttosto che con il cavallo e il carretto, a raccogliere la carta che gli altri buttavano. Era un lavoro, non era una cosa di cui vergognarsi. Era appassionato perdutamente della meccanica, perché era soprattutto un meccanico ancor prima che un collezionista. Dopo la guerra riuscì a recuperare un sacco di oggetti, ciò che per gli altri era superato, senza rendersi conto che stava creando un patrimonio museale. In ogni cosa vedeva sempre una seconda opportunità. In tal modo, in una vita di lavoro, ha messo insieme queste collezioni inestimabili che raccontano la storia dell’ingegno dell’uomo da fine ’800 in poi. Nel contempo il lavoro della carta andava avanti e nacque un'industria nel recupero delle materie prime secondarie, cioè la carta da macero, il primo anello della filiera per il riciclo.»

Quando l’idea del museo?

«Negli anni '90 e il progetto fu affidato a me, perché fin da piccola ho sempre seguito papà ed è stato naturale coltivare questo sogno che si stava realizzando. Nel 2000 vi è stata l’inaugurazione su uno spazio espositivo di 6 mila mq. La direzione del Museo per me è stata una opportunità importante, perché è stato un momento formativo e di relazioni formidabile. In 20 anni ho studiato tanto, mi sono applicata a tutte le materie perché oggi ci occupiamo sia delle visite tradizionali ma anche di didattica, di reti congressuali e attività esterne, collaborazioni come il museo del cinema, delle televisioni, della stampa. Nel 2018 il Museo ha ricevuto il premio Museum of The Year a Londra, il più ambito del settore ed è stato consacrato come museo di valenza internazionale. È anche censito tra le dieci collezioni più importanti del mondo e quindi tutti i sacrifici e il lavoro fatto hanno trovato riscontro nel panorama internazionale. Per noi è fondamentale perché il pubblico al quale ci rivolgiamo è in larga parte straniero. Papà è mancato nel 2012, ma ha potuto vedere la crescita del Museo perché quando abbiamo aperto eravamo io e lui, prima io ero in reception, non è stato un percorso scontato. Anche mamma è stata sempre a fianco in questo. Sono cresciuta in mezzo alle macchine con questa passione, quando ero piccolina andavo con papà ai mercatini, ai raduni ed è stato naturale appassionarsi fino a diventare il mio stile di vita.»


La pandemia come ha influito e quali sono le prospettive?

«Prima del Covid turismo e cultura erano beni consolidati, importanti per il nostro Paese. Mai avremmo pensato che subissero questa botta. Essere riconosciuti a livello internazionale è stato importante, ora puntiamo anche al turismo locale.»


Quando pensate di riaprire?

«Non lo so, ma quando lo faremo sarà in modo definitivo. Intanto abbiamo avviato un processo di digitalizzazione e di attività online che ci dà molta soddisfazione. Non solo foto, stiamo partecipando ad incontri internazionali di operatori di tutto il mondo e speriamo ci possa dare un riscontro nell’immediato perché ci sono paesi che sono pronti a ritornare a viaggiare dopo il pass vaccinale. Prima di ritrovare il passo di prima ci vorranno almeno due anni, lo scenario non sarà più lo stesso, però ritengo che si possano proporre diverse cose, perché l’essere umano per sua natura non si può limitare al digitale ed è portato alle relazioni reali. Il futuro ci vede digitali ma noi per essere stimolati e produttivi abbiamo bisogno di relazionarci nella realtà con le persone e al ritorno degli eventi.»


Parliamo delle collezioni...

«Sono dieci, papà raccoglieva tutto ciò che lo incuriosiva. Il nostro è il museo della storia del ‘900 dell’ingegno, un viaggio nel tempo nella storia dei motori e dell’evoluzione dei mezzi di trasporto, ma quando lo vedi ti rendi conto di aver visitato la storia del costume, della società, anche del design, della moda, del cinema, perché noi raccontiamo e associamo in modo intuitivo. Oggetti che grazie alla moda del vintage sono entrati anche nella conoscenza comune, pensiamo al grammofono, alla macchina da scrivere, alla macchina fotografica... Con i videoclip e i canali social siamo entrati anche nella comunità dei giovani.»

Quali tendenze si possono riscontrare in questo settore negli ultimi tempi?

«Oggi più che mai c'è la tendenza a tornare alle origini. Noto molto interesse alla nostra storia, come se le persone cercassero un punto di riferimento. L’ho visto dopo il primo lockdown e credo che ora sarà ancora più forte: la gente ha bisogno di certezze, di rassicurazioni. Il Museo è vivo, affonda le proprie radici nella storia e nel contempo guarda avanti.»

Lei è anche vicepresidente di Museimpresa. Quali gli scopi dell’associazione?

«Museimpresa, l’Associazione Italiana Archivi e Musei d’Impresa, riunisce musei e archivi di grandi, medie e piccole imprese italiane. Fondata a Milano nel 2001 per iniziativa di Assolombarda e Confindustria è una rete unica a livello europeo. Quest'anno festeggia i 20 anni della sua fondazione e si stanno creando tanti eventi che celebrano la valorizzazione del patrimonio di storia industriale italiana. Non solo della storia dell’azienda o del prodotto, ma anche pubblicità, opere d’arte, il consumo di questi prodotti nella società, i materiali usati, pregiati o meno, raccontiamo l’artigianato, il design, l’evoluzione dei trend. È un patrimonio inestimabile per il nostro paese, la nostra è una storia unica nel suo genere che il mondo ci invidia, anche come valore competitivo e come leva economica del nuovo rinascimento che sicuramente ci attende, perché sappiamo che dopo i grandi periodi di crisi segue sempre una rinascita e sono convinta che se saremo capaci di dare valore alla nostra storia, alla nostra competenza, potremo davvero dire la nostra sullo scenario internazionale. Il bello, la cultura, la formazione sono valori inestimabili che non decadranno mai e danno benefici e input positivi che creano benessere fisico e psicologico.»

Quale la soddisfazione più grande?

«Sono stata fortunata ad avere un maestro come mio padre che con sacrificio e creatività mi ha insegnato il valore del lavoro. Già da piccoli ci insegnavano a fare un mestiere e io di questo ne sono orgogliosa, perché il lavoro manuale rimane la cassetta degli attrezzi personale che nella vita ci aiuta a superare le difficoltà. I valori anche in termini di entusiasmo ripagano sempre, il valore del lavoro anche fisico, adattarsi alle esigenze oggi più che mai distingue il posizionamento di ogni singola persona. Lavoro e vita personale sono retti dagli stessi valori.»

Ha collaborato l'Avv. Giuseppe Origlia






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