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8 marzo. Sibilla Aleramo, la scrittrice che spese la vita per l'affermazione delle donne

Aggiornamento: 11 mar





 di SILAVANA POLI


Sibilla Aleramo è il nome d'arte di Maria Felicina Faccio, scrittrice e poetessa italiana che ha dato un notevole contributo alla causa per l’affermazione della donna...


Maria Felicina Faccio nasce ad Alessandria nel 1876, prima di quattro figli da genitori piemontesi: professore di scienze lui, casalinga lei.

Infanzia e giovinezza sono costellate di eventi drammatici: una madre con una forte fragilità psichica che arriva a tentare il suicidio, un padre che non la protegge, un trasferimento dal Nord al Centro Italia che le fa perdere amicizie e riferimenti, un collega che le fa violenza, un matrimonio riparatore con un marito abusante.

C’è da impazzire. Eppure la futura Sibilla Aleramo resiste.

Quando nasce il suo unico figlio, per un po', ha l'illusione che quel bambino possa rappresentare la sua occasione di riscatto. Ma le cose vanno diversamente, la situazione degenera e lei arriva a tentare il suicidio.

Si dice che, per poter spiccare un balzo, sia necessario toccare il fondo: questo è quello che le accade. Innanzitutto si dedica alla scrittura: una straordinaria via d’uscita.

Lei coltivava il sogno dell’emancipazione femminile, così inizia a scrivere articoli di ispirazione socialista a tema femminista, quando accade un fatto imprevisto che le spiana la strada.


È il 1899 quando suo marito viene trasferito a Milano per motivi di lavoro e lei lo segue.

Anche se a Civitanova Marche collabora già con alcune testate locali, Milano offre molto di più, tanto che le viene affidata la direzione di “L'Italia femminile”: la scrittrice si trova così proiettata in uno dei centri culturali più vivaci dove ha l’occasione di incontrare intellettuali emergenti come Maria Montessori e Matilde Serao.

L’esperienza milanese la entusiasma e lei sente che finalmente sta trovando il suo posto nel mondo.

Purtroppo però il lavoro del marito non dura e anche lei è costretta, suo malgrado, a tornare a Civitanova Marche.

Quell’orizzonte culturale, che si riduce all’improvviso, fa emergere l’insostenibilità di quella subordinazione coniugale.

Lei se ne vuole andare ma il marito la pone di fronte ad una drammatica alternativa: andarsene da sola e lasciare a lui il figlio.

La scelta non è facile: oltre ad essere impopolare, risulta anche incomprensibile al senso comune di quell’epoca.

Eppure Maria Felicina Faccio sceglie di vivere, anche se questo vuol dire rinunciare al figlio.

Si lascia tutto dietro le spalle e va a Roma. Nella capitale inizia una nuova vita come scrittrice ricca di relazioni affettive e incarichi professionali.

Giovanni Cena, poeta e romanziere la sostiene e lei scrive il romanzo ‘Una donna’ firmato con lo pseudonimo Sibilla Aleramo, il suo nuovo nome.

Il romanzo ha ispirazione autobiografica e taglio femminista. Viene pubblicato nel 1906 ed è subito un successo in Italia e all’estero.

Durante la prima guerra conosce Dino Campana: lei esuberante, lui schivo, i due si gettano in una relazione instabile, caratterizzata da fughe e riappacificazioni. Quel legame impetuoso è di breve durata, ma ha una grande risonanza nel mondo letterario dell'epoca.

Con l’avvento del fascismo la Aleramo prende distanza dal regime, firmando il Manifesto degli intellettuali antifascisti. Ma nessuno più le dà lavoro e lei si ritrova in miseria.

Disperata, si rivolge allora a Mussolini: deve iscriversi, suo malgrado, all'associazione nazionale fascista e, da quel momento, presta la sua penna a sostegno del regime, ottiene nuovi incarichi e anche un sussidio economico.

Terminato il conflitto, la Aleramo può finalmente tornare al suo impegno politico e ideologico: si iscrive al partito comunista e si impegna attivamente a favore dello sviluppo sociale. Muore a Roma nel 1960.

Sibilla Aleramo è una pioniera, una delle tante donne che hanno scavato, nella roccia della millenaria tradizione maschilista, una nuova strada: la via che sancisce il diritto dell'autodeterminazione delle donne.


Sibilla Aleramo è una donna che dà scandalo, è una donna che tradisce non solo il marito, non solo l’amante, ma anche la naturale vocazione alla maternità, che è insita in ogni donna.

Ma è una donna che decide di essere fedele a sé stessa e non alla tradizione, non alle scelte che altri hanno fatto per lei e soprattutto non all’uomo che, prima l’ha violentata, poi impalmata, ma che non l’ha mai rispettata.

In un primo momento inizia col chiedersi perché una donna debba sempre obbedire, poi trova la sua risposta e smette di farlo.

Paga questa sua scelta, ma percorre fino in fondo quella strada fino a diventare un modello per tutte le donne d'Europa.

Con grande coraggio Sibilla Aleramo decide di spezzare la catena che impone alle donne di sacrificarsi, di madre in figlia, per onorare la vita.

La scelta di lasciare il figlio è la più dolorosa; ma la donna non può più aspettare: l’oppressione in cui vive le sta togliendo la gioia di vivere. Quindi lei decide di onorare sé stessa e ricomincia da capo.

Vive relazioni importanti e travolgenti, costruttive e distruttive, in cui cerca di essere fedele solo a Sibilla Aleramo.

Criticata molto dal mondo della tradizione, viene apprezzata e seguita dal mondo femminista di cui si fa testimone.

Sibilla Aleramo dimostra, nel suo percorso di vita e di scrittura, che il dolore può essere trasformato e che ogni sventura può diventare il trampolino di lancio per una ripartenza, per quella rinascita di cui ogni essere umano ha diritto.


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