
di LINO BEBER
Nell’ambito della manifestazione Palazzi aperti il comune di Pergine Valsugana ha promosso la visita guidata di Villa Moretta (“di sotto” per distinguerla da quella “di sopra” un tempo proprietà della famiglia Sartori di Pergine) e ha chiesto al sottoscritto di fare da “cicerone” a due gruppi di persone interessate.
Le suore di Villa Moretta hanno gentilmente accolto l’invito aprendoci anche le porte della villa domenicale che è ora il loro convento.
L’assessore alla cultura Morgan Betti e la dott.ssa Giuliana Campestrin, responsabile dell’archivio comunale, hanno introdotto l’incontro prima della visita iniziata con le notizie storiche riguardanti la villa domenicale con due case rustiche, il gazebo in stile giapponese, la campagna e il bosco che ricoprono ben 20 ettari di superficie.
DAI DOCUMENTI dell’archivio comunale di Pergine Valsugana –Fondo famiglia Bortolamedi, si ricava che il maso Moretta esisteva almeno fin dalla metà del sec. XVIII e che la famiglia de Bertolini lo aveva acquistato nel 1780 dal proprietario Nicolò del fu Giovanni Antonio Fontanari di Costasavina.
La famiglia de Bertolini era in quel periodo proprietaria anche del palazzo di piazza Municipio dove si trova il ristorante-pizzeria “Al Volt” ed era chiamato Palazzo Bertolini; poi con il matrimonio di Teresa de Bertolini con Gerolamo Gramatica mutò nome in palazzo Gramatica e infine con il matrimonio di Emma Gramatica con Antonio Gasperini diventò palazzo Gasperini o Amedeo dal nome dell’ultimo discendente di questa ricca famiglia che possedeva un palazzo nell’attuale via Cesare Battisti adiacente a palazzo Montel, Maso Tre Castagni, maso Martini a Vigalzano con vasti appezzamenti di terreno coltivato. Amedeo Gasperini nel 1912 inaugurò nel palazzo il “Teatro Amedeo” attivo fino agli anni '50.
Nel 1855 Marianna de Bertolini, proprietaria di Villa Moretta, morì e nel 1862 il complesso fu acquistato all'incanto da Giovanni Battista Chimelli proprietario della grande filanda di piazza Fiera a Pergine.

GLI EREDI DI G.B. CHIMELLI all’inizio del 1900 incaricarono l’architetto Eduino Maoro di provvedere non a una costruzione ex novo, ma a un consistente risanamento della villa signorile con l’aggiunta di una torretta. La villa inaugurata nel 1901 fu chiamata Villa Chimelli. Nel volume “Eduino Maoro architetto (1875-1950)” a cura di Giuliana Campestrin, Pergine Valsugana 2005, si trovano notizie.
Da Giovanni Battista Chimelli la proprietà passò al figlio Eduino (1841-1922) e poi al nipote Luciano (1880-1943 podestà di Pergine dal 1924 al 1936), che donò la proprietà alla nipote Elvira Bampa figlia della sorella Maria Chimelli.

Nel 1935 la proprietà fu venduta a Rita Disertori vedova di Piercarlo Lange.
Il 31 dicembre 1949 Villa Moretta fu acquistata da Caterina Eberhard moglie di Antonio Stocker. La famiglia Stocker, originaria di Curon-Venosta, era stata espropriata delle proprietà per la costruzione del bacino di Resia, noto perché dal lago emerge ancora il campanile della chiesa. La numerosa famiglia Stocker con 17 figli lavorò la terra di Villa Moretta fino al 1964 quando decise di vendere la proprietà all’Istituto Sorelle della Misericordia di Verona, congregazione fondata dai beati Carlo Steeb (1773-1856) e Vincenza Maria Poloni (1802-1855).
NEGLI ANNI '70 accanto alla casa padronale fu costruita la “Casa di spiritualità”, che accoglie e ospita gruppi di religiose e religiosi, sacerdoti e laici, gruppi parrocchiali e associativi per esercizi spirituali, incontri formativi, convegni. La struttura ospita anche singole persone che desiderano trascorrere delle giornate di preghiera e di silenzio in un’oasi di pace. La casa è aperta tutto l’anno ed è dotata di vari servizi: sala di accoglienza e soggiorno, ampia sala conferenze, salette per lavori di gruppo, chiesa che collega la nuova struttura con la villa adibita a residenza delle suore, sala da pranzo, camere a uno o due letti dotate di servizi, ascensore, parco con viali e parcheggio per automobili.
UNA FACCIATA DELLA CASA padronale è decorata con quattro medaglioni che da sinistra raffigurano Dante Alighieri, Michelangelo Buonarroti, Raffaelo Sanzio e Giuseppe Verdi e sotto le quattro finestre ad arco c’è la frase latina “quod mare velis reperire labora”, tratta dall’Ars amatoria (I, 35) di Ovidio che così scrive: «Principio, quod amare velis, reperire labora». Il pittore ha dimenticato una A prima della M, quindi AMARE invece di MARE e significa: «Prima fatica è cercare colei che vuoi amare».