L'obiettivo è individuare dei "corridoi" di collegamento tra le varie aree protette esistenti lungo il fiume Brenta, che consentano alle specie animali e vegetali di ripopolare gli habitat abbandonati superando gli ostacoli dovuti alla frammentarietà...
di Giancarlo Orsingher
Fra Alta e Bassa Valsugana, lungo il corso del fiume Brenta e nelle sue vicinanze, ci sono ben 35 aree naturali di particolare interesse che coprono complessivamente una superficie di circa 840 ettari.
Si tratta delle due “Zone di Protezione Speciale – ZPS” Inghiaie di Levico e Fontanazzo di Grigno, delle 17 “Zone Speciali di Conservazione – ZSC” fra le quali i canneti di San Cristoforo, Alberé di Tenna o la grotta del Calgeron e infine le 16 “Riserve locali” come le Mesole a Castel Ivano o la stazione di Roncogno a Pergine.
Aree fisicamente non contigue, ma accomunate dal fatto di comprendere una varietà di specie vegetali di zone umide fra le più ricche del Trentino.
L'essere tra loro scollegate è però un aspetto che ne complica la gestione e che ne rende più difficile la valorizzazione, sia dal punto di vista naturalistico che da quello legato a un possibile sviluppo di attività economiche e umane sostenibili.
LA NASCITA DELL'IDEA
Ecco quindi l'idea: creare una rete tra le varie aree protette esistenti lungo il fiume Brenta, individuando dei “corridoi” di collegamento fra i diversi siti di interesse naturalistico che consentano alle specie animali e vegetali di ripopolare gli habitat abbandonati, superando gli ostacoli dovuti alla frammentarietà.
L'OBIETTIVO DELLA RETE
Sgombriamo subito il campo da un errore in cui qualcuno potrebbe essere indotto: non si tratta di creare ulteriori zone protette, ma di “far parlare fra loro” quelle esistenti in modo da poterle valorizzare al meglio.
È questo l'obiettivo della “Rete di Riserve del fiume Brenta”, l'ultima nata fra le 11 Reti di Riserve esistenti a livello provinciale e tutte create in seguito a degli accordi volontari fra diversi soggetti pubblici locali.
RETE DEL BRENTA: LA STORIA La storia della Rete del Brenta nasce con il progetto europeo LIFE+ TEN (dove “TEN” sta proprio per “Trentino Ecological Network”, cioè “Rete ecologica del Trentino”) che fra settembre 2015 e marzo 2016 aveva attivato un processo partecipativo grazie al quale è stato redatto un inventario di possibili interventi di miglioramento dello stato dell'ambiente lungo il fiume Brenta, interventi anche legati allo sviluppo di un'economia locale basata sull'uso sostenibile delle risorse naturali.
IL PROTOCOLLO: ECCO I NOMI
Si è così arrivati al Protocollo d'intesa per la costituzione della “Rete di riserve del fiume Brenta” sottoscritto nel luglio del 2018 tra la Comunità Valsugana e Tesino (designata soggetto responsabile della Rete), la Comunità Alta Valsugana e Bernstol, il Consorzio BIM Brenta e i Comuni di Altopiano della Vigolana, Borgo Valsugana, Calceranica al Lago, Caldonazzo, Castel Ivano, Grigno, Levico Terme, Novaledo, Pergine Valsugana, Roncegno Terme, Ronchi Valsugana, Tenna, Torcegno e Vignola-Falesina, con la “supervisione” naturalmente della Provincia autonoma di Trento attraverso il Servizio Sviluppo sostenibile e aree protette.
Con questo protocollo, volontario, le amministrazioni condividono e si impegnano a intraprendere un percorso unitario verso la realizzazione della Rete, con l'obiettivo di integrare la conservazione della natura con lo sviluppo socio-economico sostenibile, nella convinzione che la valorizzazione del territorio di tutta la Valsugana e del suo patrimonio naturale possa rappresentare un'occasione di crescita e di lavoro per le nuove generazioni.
L'accordo sottoscritto ha una durata di tre anni ma si potrà rinnovare per altri trienni, almeno fino ai 12 anni complessivi di durata del piano di gestione, stilato sulla base di quanto emerso nel corso del processo partecipativo realizzato nell'ambito del LIFE+ TEN. Un processo partecipativo che è però continuato anche in queste ultime settimane con degli incontri a Pergine Valsugana e a Borgo che stanno portando cittadini e rappresentanti di enti e associazioni a integrare le proposte di tre anni fa nell'ottica appunto di definire un completo piano di gestione per tutti i 12 anni.
IN CONCRETO COSA SI FA?
Con gli oltre 900 mila euro messi a disposizione per il primo triennio (2018-20) da Provincia, Comunità di Valle, Comuni, BIM Brenta e tramite i finanziamenti del Programma di Sviluppo Rurale è in programma una serie di 24 azioni piuttosto diversificate fra le quali la formazione per agricoltori sulle attività di allevamento più appropriate per un'agricoltura ecosostenibile e la didattica nelle scuole; il monitoraggio e il tentativo di reintroduzione delle popolazioni di gambero di fiume (a Grigno, Ischia, Levico Terme e Roncogno), specie ormai quasi scomparsa dagli habitat europei; il recupero e la gestione dei prati ricchi di specie e dei prati umidi; la riqualificazione ambientale dei corsi d'acqua e delle fasce di vegetazione riparie; il miglioramento dei castagneti estensivi; il recupero e la piantumazione di siepi per collegare le varie aree protette realizzando così una rete ecologica; il controllo delle specie alloctone, cioè quelle importate da altre regioni del mondo.
Ancora il ripristino e la manutenzione dei tradizionali muretti a secco, la realizzazione di alcuni nuovi percorsi pedonali tematici che si innestano sulla ciclabile del Brenta e poi degli studi naturalisti, la mappatura e la segnaletica delle risorse naturali, culturali, storiche ed enogastronomiche e azioni varie di comunicazione.
Se poi al coordinatore tecnico della Rete (il GAL Trentino orientale) arriveranno altre idee potranno essere tenute in considerazione.