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Roberto Battiston: «Andremo su Marte e torneremo sulla Luna»





di EMANUELE PACCHER


Il prof. Roberto Battiston, ospite a Castello Tesino di "Orizzonte Scienza", ha parlato con noi a tutto tondo di spazio, nuove scoperte, esperienze passate e sentimenti...


La conquista della Luna è stata capace di tenere milioni e milioni di persone con il fiato sospeso. Oggi, con il progredire della tecnologia, i sogni umani possono viaggiare ancora più lontano. 

Entro una decina d’anni l’uomo potrebbe mettere piede su Marte, un pianeta in passato non troppo dissimile dalla terra. Per tornare sulla Luna le stime parlano di un tempo ancora inferiore: entro un biennio, per la prima volta nella storia, una donna americana metterà piede sulla superficie lunare. 

Passano gli anni, ma i sogni rimangono gli stessi. Anzi, diventano ancora più grandi: per il ritorno sulla Luna le ambizioni sono ancora maggiori, prima su tutte la volontà di rimanere per più giornate (e nottate) sul satellite, sfidando le difficili condizioni presenti. 

Il viaggio, il desiderio di conquista e la volontà di capire fanno parte dell’animo umano sin dall’inizio dei tempi. 

Di fronte alla grandezza e al fascino dell’Universo rimaniamo stupiti. 

Ed è proprio lo stupore che ha guidato la vita del professore Roberto Battiston che sabato 20 aprile è stato a Castello Tesino per parlare dello spazio assieme a Paolo Nespoli – celebre astronauta intervistato proprio sulle pagine del Cinque nel numero di aprile – all’interno del progetto di cittadinanza “Orizzonte scienza”, promosso dalla Fondazione Valtes in collaborazione con la Fondazione Trentina Alcide De Gasperi, Arte Sella e Associazione Agorà

Per questo nuovo numero del giornale ci siamo rivolti al professore Battiston per parlare a tutto tondo di spazio, nuove scoperte, esperienze passate e sentimenti. 


Professore Battiston, quali orizzonti vede per la scienza nel prossimo futuro? 

«Oggi si parla di una seconda corsa verso lo spazio, stimolata da una serie di fattori, uno dei quali è quello economico. Lo spazio ormai sta diventando sempre più un ambito dell’attività dei privati, dell’industria, anche perché le tecniche per raggiungerlo stanno costando sempre meno e gli strumenti da mettere in orbita, i satelliti, sono ormai molto piccoli, compatti, sostituibili e di basso costo. Quindi le opportunità che si aprono sono tantissime, sia nell’orbita più bassa, che è quella intorno alla terra, sia nelle orbite che possono portare alla Luna o ad altri satelliti naturali o asteroidi. Ci possono poi essere possibilità concrete di estrazione di minerali che sulla terra sono scarsi e che magari in certi asteroidi e parti della Luna possono essere più abbondanti. Naturalmente quando si comincia a mettere in gioco l’economia diventano più forti anche gli interessi nazionalistici. Lo spazio si sta molto più colorando nel settore della difesa militare rispetto al passato».



In passato i principali attori in campo spaziale erano soltanto gli Usa e l’Unione Sovietica. Oggi è ancora così?

«Oggi gli attori si sono moltiplicati. Oltre a Usa e Stati Uniti ci sono anche la Cina, l’India, l’Europa, il Giappone, gli Emirati Arabi, l’Arabia Saudita e alcuni Paesi africani. C’è un grande fermento».

 

Come valuta la sua esperienza da presidente dell’agenzia spaziale italiana?

«È stato un periodo di grande interesse, in cui c’era una forte volontà di collaborare a livello internazionale. Abbiamo approvato una serie di missioni che hanno superato i pianeti più vicini e abbiamo partecipato a sonde che sono arrivate vicine al sole. In quel periodo ho contribuito a far ripartire la space economy in Italia, che è un tema in cui tutto il mondo si discute. Dopo sono successe varie cose che hanno fatto sì che le varie componenti russe, europee e americane si siano separate. La concorrenza è una cosa sana e può aiutare, ma qui sta diventando più di una concorrenza, c’è una rivalità e uno scontro tra Paesi. È una cosa che fa riflettere. Per tanti anni lo spazio è stato un bene comune da sfruttare e da conquistare, ma in un’ottica separata dal quotidiano scontro tra gli interessi sulla terra. La conquista della Luna e il primo uomo nello spazio sono stati dei momenti che hanno fatto la storia dell’umanità, che hanno tenuto con il fiato sospeso centinaia di milioni di persone di Paesi diversi. Oggi lo spazio è diventato una cosa molto più ordinaria e vicina agli interessi diversificati dei vari Paesi. Risente molto degli scontri che ci sono a terra. Al momento c’è ancora una collaborazione tra russi e americani sulla stazione internazionale, ma per un motivo contingente: se lì non ci si aiuta e collabora la stazione spaziale viene giù. Ma in tutte le altre attività la collaborazione spaziale con i russi si è interrotta, sia da parte degli americani che degli europei. È segno di una grande tensione che riflette la tensione geopolitica internazionale».

 


Oggi si parla molto di un ritorno sulla Luna. Avverrà a breve? 

«La Luna rappresenta un risultato ottenuto nel 1969, quindi quasi sessant’anni fa. Sulla Luna siamo atterrati sei volte, con otto o nove missioni attorno al satellite. In quel periodo storico c’era una pressione fortissima data dalla competizione della guerra fredda. Oggi vogliamo tornarci con diverse intenzioni, al fine di sfruttare le opportunità che ci sono sulla superficie lunare. Poi lo spazio è sempre una sfida. Oggi occorre prestare un’attenzione ancora maggiore all’affidabilità e alla sicurezza. Comunque sulla Luna ci torneremo in un paio di anni con l’atterraggio di una prima donna americana, di un altro astronauta americano e di un terzo membro dell’equipaggio che sarà un giapponese probabilmente. Ci torneremo con l’intenzione di restarci. Ovviamente occorre stare attenti a queste affermazioni: noi sulla Luna non possiamo rimanere più del periodo illuminato, tipicamente il giorno lunare che dura metà del mese terrestre. La Luna gira su sé stessa lentamente. Quando è illuminata fa un caldo insopportabile, ma dentro le tute si può resistere. Quando non è illuminata, invece, fa un freddo altrettanto intenso, si arriva a -100 gradi, forse anche di più. Sono temperature che impediscono la permanenza dell’uomo, anche perché in mancanza di sole non si può avere energia. Poi gli strumenti robotici, i rover, in quelle condizioni di estremo freddo si spengono e difficilmente riescono a riprendere il funzionamento dopo quindici giorni, quando torna il sole. Poi sulla Luna non c’è atmosfera, c’è una polvere abrasiva molto aggressiva, ci sono i raggi cosmici che bombardano. Quindi la presenza sulla Luna sarà più intensa del passato, ma sempre tenendo conto degli ostacoli presenti. La strategia che verrà adottata sarà quella di creare una piccola base spaziale che gira attorno alla Luna, nella quale gli astronauti potranno ritirarsi dopo aver passato qualche settimana in condizioni di luce. Per far questo occorreranno dei lanciatori di enorme dimensione. L’America ha realizzato un missile dal nome SLS, molto grande e imponente. Elon Musk sta sviluppando la Star Ship, un sistema di trasporto ancora più grande dell’SLS, con la caratteristica di essere interamente recuperabile e riatterrabile».


E su Marte, invece, come sono le condizioni? 

«È pur sempre un grandissimo deserto, dato che il ghiaccio c’è in abbondanza ma è nascosto dalla polvere, perché con pochissima atmosfera come quella che c’è su Marte tenderebbe a sublimare e scomparire nello spazio, però dal punto di vista delle materie che si possono trovare è più favorevole della Luna. Basti pensare che Marte, tre miliardi di anni fa, era pieno d’acqua. Abbiamo tracce di fiumi, laghi, mari. Per un certo periodo è stato forse non troppo dissimile dalla terra».

 

Perché la vita però non si è mai sviluppata? 

«Questa è un grandissimo e interessantissimo problema di un assoluto fascino. Quello che i rover sono riusciti a scavare è poca cosa rispetto all’eventuale presenza di tracce di vita passata. Al momento non abbiamo nessuna traccia di vita su Marte. Studiare Marte può però rappresentare una delle prove generali di formazione di un pianeta abitabile in principio, che poi però ha preso una strada, una sua evoluzione di lungo periodo, da renderlo di fatto inabitabile, a meno di avere delle protezioni particolari».


L’uomo ci giungerà mai su Marte?

«Probabilmente ci vorranno una decina di anni. Per arrivarci dovremo fare una cosa analoga a ciò che faremo sulla Luna, solo che il percorso è più lungo. Le dimensioni della navicella di Star Ship saranno ancora più grandi. Su Marte poi c’è un grande vantaggio: l’atmosfera, per quanto tenue, è fatta di CO2, il sottosuolo in gran parte è ghiaccio. Avendo energia a disposizione di origine nucleare, combinando la dissociazione dell’acqua del ghiaccio e la ricombinazione con le molecole di CO2 si può pensare di costruire un carburante che possa rifornire i razzi che hanno portato l’uomo su Marte, permettendoci di tornare indietro. Sono comunque tutte prospettive di medio periodo. Ma al ritmo con cui i privati americani, in particolare Elon Musk, hanno sviluppato questi grandi lanciatori e la capacità di recupero delle infrastrutture di lancio è possibile che questa cosa accada in tempi relativamente brevi. È un esempio in cui la partecipazione dei privati potrebbe fare la differenza».

 

Siamo un puntino nell’Universo. Non le mette mai paura questa consapevolezza?

«È chiaro che ci si sente piccoli rispetto all’Universo. Ma in realtà lo siamo anche rispetto al nostro pianeta. Poi l’Universo ci proietta verso l’incommensurabilmente grande. Non siamo neanche in grado di immaginarci cosa voglia dire la grandezza anche solo del sistema solare. Ciò che riusciamo a comprendere è che siamo veramente trascurabili all’interno di questa realtà. Devo però dire che, alla fine, pensando a queste cose uno può trovare anche delle sorprese interessanti. Per esempio anche il fatto stesso che noi esseri così piccoli e trascurabili dal punto di vista della durata della vita siamo in grado di osservare praticamente l’Universo intero e riflettere su quello che osserviamo, facendoci delle teorie fisiche molto elaborate, è un qualcosa che rende la coscienza della nostra piccolezza meno angosciante. Siamo una specie molto particolare in grado di riflettere, discutere, analizzare il mondo esterno facendo delle domande alla natura per ottenere risposte che si chiamano leggi della fisica, dell’astrofisica, della chimica. Questa è un’enorme qualifica e caratterizzazione della nostra specie, che se non fosse così effettivamente sarebbe totalmente sproporzionata rispetto all’immensità che ci circonda». 












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