di GIANCARLO ORSINGHER
Prendiamo spunto dall’interessante serata del “Progetto Brenta” che qualche tempo fa a Borgo Valsugana ha visto la dott.ssa Lydia Flöss, funzionaria dell'Ufficio Beni archivistici, librari e Archivio provinciale della Provincia autonoma di Trento, illustrare i toponimi della Valsugana legati all’acqua per accennare in maniera un po’ più estesa alla ricerca toponomastica, un tema di estremo interesse che, da un’attenta lettura dei nomi assegnati a corsi d’acqua, colline, vallette, prati, ecc., ci fa capire molto del nostro territorio.
E il fatto che la sala “Paternolli” del municipio di Borgo fosse piena nonostante l’orario preserale è significativo della curiosità che suscita l’argomento.
Lydia Flöss, da anni impegnata nel coordinamento del “Dizionario toponomastico trentino”, è partita dal Brenta, o meglio “dalla Brenta”, toponimo che deriva dalla voce indoeuropea “bhrendh” che accanto al significato di “crescere” ha anche proprio quello di “piena di fiume”, “torrente”, “luogo dove si abbeverano gli animali”, “recipiente”; quest’ultimo significato lo ritroviamo anche nel latino medievale come ad esempio la “brentam vini” (nel 1287 a Trento) o la “brentas olei” (nel 1339 a Verona).
Nell’Italia settentrionale in epoca prepromana il termine aveva anche il significato di “inondazione”, facendoci quindi intendere che in pratica il toponimo “Brenta” in origine era un nome comune che definiva un corso d’acqua in generale più che un nome proprio.
Non sono mancate le curiosità, come venire a conoscenza che la prima attestazione del nome del fiume Brenta risale addirittura al 375 d.C. con il “fluvius Brintexia” riportato nella tavola Peutingeriana, mentre nel VI e VII secolo vari sono i richiami alla “Brinta”, per arrivare a un documento padovano del 1054 che riporta un “super fluvio qui dicitur Brenta”.
E nel 1313 anche il Sommo poeta Dante, nel Canto 15 cita il nostro fiume nel versetto "e quale i Padoan lungo la Brenta".
In realtà il fiume che nasce dai laghi di Caldonazzo e Levico Terme ha anche un altro nome: il più colto “Meduacus maior”, probabilmente da “in medio lacus” vale a dire “in mezzo alla palude”, termine che dopo una serie di modifiche intermedie possiamo forse ritrovare nel veneziano “Malamocco”.
Come quasi sempre accadeva, però, il termine più comune non era quello colto, così “Brenta” è sopravvissuto a “Medoacus”, così come “Borgo Valsugana” è sopravvissuto al più colto “Burgum Ausugi”.
“Brenta” è un toponimo che ritroviamo anche in altre zone del Trentino: oltre alla frazione del Comune di Caldonazzo, legata ovviamente in questo caso all’omonimo fiume che proprio lì nasce, lo troviamo in Val di Fassa, a Sen Jan, dove sta a indicare una conca di prati, a Canazei, a Folgaria e nel Bleggio superiore.
Ci sono poi tutti i nomi relativi al gruppo montuoso del Brenta, nel Trentino occidentale e anche in questo caso l’origine non è legata alla montagna bensì all’acqua: tutti i toponimi infatti derivano dal nome della Valle del Brenta che scorre tra quelle cime.
Il nome comune brénta ha poi dei derivati che a loro volta sono diventati toponimi: brentana ha il significato di “diluvio, acqua che scende impetuosa” ed è diventato così toponimo, ad esempio, di un affluente del torrente Maso fra Spera e Strigno, come pure troviamo il rio Brentana con la cascata de la Brentana nel Comune di Scurelle o la sorgente Brentana a Pieve Tesino o ancora a Cinte Tesino il Còl de le brentane e la Val de le brentane.
Altro derivato è Brentèla, come nome comune nel senso di “piccola brenta” ma non solo; così ecco le Brentèle a Caldonazzo, che sono diramazioni del fiume Brenta, la Brentèla a Levico che è un rio che scorre poco ad Ovest della Stazione di Barco o ancora la Brentèla del Lago mòrto, la Brentèla de l’Anderle e la Brentèla de la Stazzion a Novaledo, fossati per il deflusso delle acque.
Lydia Flöss è poi passata ad analizzare le origini di altri idronimi, come il torrente Móio che deriva il suo nome dal latino “mollis” (molle, bagnato, umido) e poi Zéio, Cépena, Maso, Larganza.
Tanti quindi i toponimi legati all'acqua che riguardano la Valsugana.
Ma molti di più sono quelli raccolti nel Dizionario Toponomastico Trentino, la banca dati, realizzata a cura dell'Ufficio beni archivistici, librari e Archivio provinciale della Soprintendenza per i beni culturali a partire dall'inizio degli anni '80 che raccoglie i nomi dei luoghi del Trentino tuttora vivi, allo scopo di conservare un patrimonio di informazioni, trasmesse principalmente per via orale, che sarebbe andato ben presto perduto con la scomparsa degli informatori più anziani.
Ogni comune del Trentino ha avuto così il suo ricercatore che è stato incaricato di raccogliere e schedare tutti i toponimi che gli informatori del posto usavano o ricordavano di aver usato.
Anno dopo anno le schede raccolte, assieme alle carte geografiche con la collocazione dei punti, alla pronuncia del nome dialettale e alle fotografie dei posti più significativi, sono entrati a far parte della banca-dati che, completata nel 2007, gestisce attualmente oltre 153 mila siti per oltre 200 mila toponimi.
Un patrimonio quindi enorme, che non è rimasto nei cassetti di qualche ufficio ma che è disponibile a tutti sul portale di “Trentino cultura” all'indirizzo www.cultura.trentino.it/Patrimonio-on-line/Dizionario-toponomastico-trentino
Una parte dei toponimi ha poi trovato spazio nella collana cartacea “Dizionario Toponomastico Trentino – Ricerca geografica” che può contare ad oggi su 22 volumi corredati dalle corrispondenti mappe, curati da Lydia Flöss.
Per quanto riguarda il Trentino orientale sono sei i lavori finora pubblicati: quello che riguarda i territori di Ivano-Fracena, Samone, Scurelle, Spera, Strigno, Villa Agnedo con le ricerche sul territorio che erano state condotte da Ferruccio Romagna tra il 1982 e il 1989 mentre il volume è stato pubblicato nel 1991; Novaledo, Roncegno, Ronchi Valsugana che aveva visto Luigi Montibeller svolgere la ricerca per Novaledo (tra il 1990 e il 1993) e Roncegno Terme (tra il 1986 e il 1989), mentre Mario Stolf si era occupato di Ronchi Valsugana tra il 1985 e il 1986; il volume è stato poi pubblicato nel 1998.
L'opera su Bosentino, Vattaro (con ricercatore Renzo Tommasi tra il 1992 e il 1996), Centa San Nicolò (Sergio Tommasi 1994-96) e Vigolo Vattaro (Franca Rigotti, 1993-96) è uscita nel 2002.
I tre tomi per la Val di Fassa pubblicati nel 2008 hanno visto le ricerche svolte da Nadette Bertolini per Campitello di Fassa, Stefano Dell'Antonio per i comuni di Campitello di Fassa e Mazzin, Vigilio Jori per Canazei, Marco Riz per Mazzin, Bernardino Chiocchetti, Cristina Donei, Maria Giovanna Jellici e Nadia Chiocchetti per il comune di Moena, Inge Detomas e Daniela Detomas per Pozza di Fassa, Graziella e Renzo Pellegrin per Soraga e infine Maurizio Detomas perVigo di Fassa.
Il lavoro dedicato ai comuni di Lona Lases, Segonzano e Sover, pubblicato nel 2011, con le ricerche svolte tra il 1986 e il 1991 da Maria Antonelli, Nevio Casagranda e Adriana Antonelli.
Infine il volume su Primiero-San Martino di Castrozza e Sagron Mis, uscito nel 2021, che ha visto impegnati nelle ricerche sul territorio fra il 1991 e il 1997 Luca Brunet per Fiera di Primiero e Sagron Mis, Angelo Orsingher per Siror, Giovanni Bonat per Tonadico, Massimo Sartori per Transacqua.
Bello sarebbe riuscire ad arrivare alla realizzazione e alla pubblicazione dei volumi riguardanti altri territorio del Trentino orientale.
La cosa sarà possibile se gli enti locali ci crederanno e investiranno delle risorse per cofinanziare i lavori».
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