Un neonato che piange non fa i capricci, ma sta esprimendo un reale bisogno di prossimità e contatto con la figura che se ne prende cura. Su queste basi il neonato costruirà tutte le sue relazioni da adulto...
di Sofia Turra*
Uno degli argomenti di psicologia perinatale e dello sviluppo che mi ha maggiormente affascinata durante i miei studi riguarda il cosiddetto bonding o, per dirla all’italiana, attaccamento. Entrambi i termini, che possiamo usare come sinonimi, si riferiscono a un processo reciproco di creazione della relazione primaria tra il neonato e chi si prende cura di lui, quasi sempre la madre.
Secondo molti studiosi, la creazione di una relazione d’amore tra madre e figlio/a ha inizio già durante la gravidanza, e a volte addirittura prima del concepimento, quando i genitori decidono di essere pronti a generare e ad accogliere una nuova vita. Questa prima relazione di attaccamento assume grande importanza per il neonato, poiché diventa il modello più significativo per tutte le relazioni future che costruirà nel corso della sua vita.
L’elaborazione di una vera e propria teoria dell’attaccamento è da imputarsi a John Bowlby (1907-1990), psicologo, medico e psicoanalista britannico molto dedito agli aspetti che caratterizzano il legame madre-bambino e la costruzione di legami affettivi all’interno della famiglia.
Uno degli aspetti più importanti della teoria è il riconoscimento della “componente biologia del legame di attaccamento”. Cosa significa? Significa che il bisogno di attaccamento del piccolo alla propria madre, la necessità di percepirne la vicinanza e il contatto fisico, hanno la funzione di garantirne la protezione e la sopravvivenza.
Un neonato che piange sta esprimendo con l’unico mezzo di cui dispone un reale bisogno di prossimità e contatto con la figura che se ne prende abitualmente cura.
Parliamo di Bisogni con la “B” maiuscola, e non di vizi, capricci, furberie… Troppo spesso mi è capitato e mi capita di sentire persone che mettono in guardia le neomamme dal tenere troppo in braccio il proprio piccolo (troppo rispetto a cosa?), dall’allattarlo a richiesta e non secondo orari rigidi e prestabiliti (cosa che nel giro di pochissime settimane comprometterà drasticamente la produzione di latte materno), dal dormire vicino a lui/lei, nella stessa stanza o, magari, nello stesso letto. L’avviso è sempre il medesimo: «Guarda che così lo vizi», «Se fai così non si staccherà mai dal seno», «Se dorme con te, poi non uscirà più dal lettone», «È furbo/a, ha capito che appena apre bocca tu corri subito».
Penso che non esista mamma a cui non sia stato rivolto almeno uno di questi commenti e sono perfettamente consapevole di come, a volte, la tentazione di credere al rischio di viziare i propri neonati faccia breccia anche nelle mamme più temerarie. Però vi voglio rassicurare e voglio spezzare una lancia a favore di tutte quelle mamme che, seguendo il proprio istinto (ricordiamoci che siamo mammiferi!), sentono di voler rispondere prontamente alle richieste del proprio cucciolo. State facendo la cosa migliore del mondo! Rispondere tempestivamente ai bisogni di un neonato, prenderlo in braccio, coccolarlo, allattarlo, massaggiarlo, sussurrargli paroline dolci e melodiose, dormire vicino a lui, essere presenti ogniqualvolta vi dimostri la necessità della vostra vicinanza, pone le basi per la costruzione di una personalità serena, sicura e fiduciosa verso sé stessa e verso gli altri. “Come?”, direte voi. Provo a spiegarmi con un esempio. Immaginate un neonato di poche settimane che nel cuore della notte si mette a piangere. Con il suo pianto ci sta comunicando un qualche disagio: fame, sete, freddo, caldo, paura… Non lo possiamo sapere a priori, ma possiamo essere sicuri che qualcosa non va. Se mamma e papà intervengono subito, avvicinandosi al piccolo, prendendolo in braccio, cercando di consolarlo, allattandolo, etc, il messaggio che il bambino avrà interiorizzato sarà il seguente (lo semplifico e lo rendo leggermente caricaturale per rendere bene l’idea): «avevo bisogno di aiuto, ho chiesto aiuto, mamma/papà è arrivata/o, quindi sono stato bravo». Immaginate ora il caso opposto, in cui il piccolo piange e nessuno si reca da lui per capirne i bisogni. La ripetizione di questo scenario consolida nel cucciolo la convinzione di non essere in grado di attirare a sé l’attenzione di mamma/papà nemmeno quando in preda alla disperazione. A lungo andare il piccolo si convincerà di non essere capace di comunicare con i propri genitori e rinuncerà a farlo, ponendo le basi per la creazione di una personalità insicura, timorosa, priva di fiducia verso gli altri e verso le proprie capacità. Dare a un neonato la possibilità di sperimentare un attaccamento sicuro con la propria figura di riferimento, rappresenta il miglior investimento per qualunque genitore, poiché non c’è soddisfazione più grande che veder crescere il proprio piccolo sereno e sicuro di sé, fiducioso della presenza solida di mamma e papà, curioso di esplorare il mondo e nuove relazioni. Questa serenità e sicurezza si manifesteranno soprattutto quando ci saranno le prime separazioni tra bambino/a e genitore, al momento del rientro al lavoro, quando si dovrà affidare il piccolo alle cure di persone esterne (nonni, asili nido, babysitter). Se abbiamo creato un attaccamento solido e sicuro, il piccolo, dopo un iniziale e fisiologico ambientamento, vi dimostrerà serenità e gioia al momento del ricongiungimento, capirà che mamma e papà tornano sempre e che nessuno lo sta abbandonando.
La relazione primaria che si crea tra il neonato e chi se ne prende cura pone le basi per le relazioni future del piccolo. Infatti, con la crescita, l’attaccamento iniziale con la madre si modifica e si estende ad altre figure, sia interne che esterne alla famiglia, fino a ridursi notevolmente. Durante l’adolescenza e nell’età adulta, l’individuo avrà maturato la capacità di separarsi dalla figura primaria e di legarsi a nuove figure di attaccamento (amici, partner, etc). La sua personalità e il modello relazionale per i suoi rapporti futuri saranno, in ogni caso, fortemente condizionati dal tipo di attaccamento che ha potuto sperimentare nei suoi primi mesi di vita. E in questi primi mesi risiede il grande investimento che, come genitori, possiamo scegliere di fare.
* Sofia Turra è consulente per l'allattamento, insegnante di Massaggio infantile AIMI ed educatrice perinatale in formazione
Cell. 349 1410191
email: sofia.turra@aimionline.it
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