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Bondo e i murales di Liberio Furlini





di LINO BEBER


Ero passato tante volte per Bondo, paese delle Giudicarie che si trova circa 5 Km dopo Tione andando verso Condino, dove mio fratello don Giuseppe (1942 - 2022) è stato parroco dal 1988 al 2004, e non mi ero mai accorto del cimitero di guerra austro-ungarico che si trova in questo paese.


Domenica 6 agosto sono stato invitato dall’artista Liberio Furlini, anche lui nato nell’Anno Santo 1950, all’inaugurazione di una sua opera d’arte in Piazza Padre Fabiano Barcatta, un affresco di cento metri quadrati da lui realizzato sotto un lungo porticato sovrastato dal monumentale cimitero militare della Prima guerra mondiale nei pressi della nuova chiesa di san Barnaba.


Liberio Furlini

Liberio è nato a Riva del Garda, è vissuto tanti anni a Balbido nel Bleggio, il paese dei murales, alcuni dei quali sue opere, e da molti anni vive a Lavis dove ha lo studio in Via Roma 2. Dopo il diploma all’Istituto Magistrale “A.Rosmini” di Trento, dove ebbe come insegnante di arte il pittore perginese professor Luigi Senesi (1938 - 1978), deceduto prematuramente nell'incidente ferroviario di Murazze di Vado (Bologna) a bordo della Freccia della Laguna che causò 48 morti e 76 feriti, Liberio non si dedicò all’insegnamento e la sua attività professionale fu sempre tra i colori dapprima a livello artigianale e da oltre vent’anni realizzando innumerevoli opere pittoriche, murales ed affreschi con varie tecniche, sia in regione che fuori ottenendo numerosi premi e apprezzamenti. È inoltre ideatore di numerose opere entrate nel Guinnes dei Primati: il cesto, l’oca e la strega più grandi del mondo, quest’ultima nel 2019 nella sua patria Balbido.

Il cimitero militare è localizzato su una collinetta, detta Dosso Fortin, e mi ricorda la canzone di Fabrizio De André “La Collina” che indica il cimitero dove in America i nostri emigranti minatori morti di silicosi hanno trovato l’eterno riposo e una strofa parla della guerra: “Dove sono i generali che si fregiarono nelle battaglie con cimiteri di croci sul petto? Dove i figli della guerra partiti per un ideale, per una truffa, per un amore finito male? Hanno rimandato casa le loro spoglie nelle bandiere legate strette perché sembrassero intere.” Le canzoni di De André si ispirano all’opera del poeta e avvocato statunitense Edgar Lee Masters (1868 - 1950), che tra il 1914 e il 1915 pubblicò sul “Mirror” di St. Louis una serie di poesie raccolte poi nell’“Antologia di Spoon River”, nella quale il poeta s’immagina di dialogare nel cimitero del paesino di Spoon River con i cari estinti, che gli raccontano le loro storie. La sua opera fu pubblicata in Italia nel 1943 con la traduzione di Fernanda Pivano e conosciuta al grande pubblico nel 1970 grazie al cantautore Fabrizio De André, che scelse nove poesie dall'intera raccolta, e, con la collaborazione di Giuseppe Bentivoglio e Nicola Piovani, rielaborò i testi, scrisse le musiche e le raccolse nell'album “Non al denaro non all'amore né al cielo”.

L’opera di Liberio, come gli affreschi delle antiche chiese che insegnavano alla povera gente analfabeta i racconti biblici, narra della società contadina con l’attività quotidiana e colpita dalla tragedia della guerra e vuole essere un monito “per non dimenticare” in un momento che anche nei nostri vicini stati c’è un’assurda guerra tra Russia e Ucraina. In una pergamena con una vicina rosa rossa l’artista ritrae lo scritto del soldato combattente sull’Adamello Gian Maria Bonaldi che dice a noi tutti: “… i morti è meglio che non vedano quel che son capaci di fare i vivi e la strada storta che sta prendendo il mondo… è meglio che non si accorgano nemmeno che noi siamo diventati così poveri e tanto miseri che non siamo capaci di volerci bene… no è meglio che i morti stiano nella neve e nel ghiaccio e non sappiano di noi, altrimenti potrebbero pensare di essere morti invano ed allora si sentirebbero ancora più soli”.

Se vi trovate a passare da Bondo ricordatevi di sostare ad ammirare il grande affresco in stile murale, dove Liberio scrive: «Ho raccontato a colori alcune realtà e storie di vita con rispetto ed animo sereno. Provando forti emozioni e sentimenti intensi» e di salire la monumentale scalinata che porta al cimitero dove riposano i figli della guerra. Il cimitero iniziò nel 1916 su idea del comandante Theodor Spiegel, che incaricò il religioso padre Fabiano Barcatta, originario della Val di Fiemme, di progettare e dirigere i lavori e in poco tempo il cimitero fu reso idoneo a ospitare le salme di 697 soldati dell’esercito di Francesco Giuseppe, anche se non fu allora completato.

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