di LINO BEBER
Nella notte fra il 28 e il 29 ottobre 2018 la tempesta Vaia si abbatté sulle Dolomiti, in particolare in Trentino, Veneto e Friuli Venezia Giulia e rimasero a terra più di 42 milioni di alberi, travolti dalla furia del vento e della pioggia.
Nelle settimane e nei mesi successivi, tre giovani non ancora trentenni decisero di rimboccarsi le maniche per dare un senso a quello che era successo con l’obiettivo di creare bellezza dalla distruzione. Tra di loro il perginese Federico Stefani, il veneto Paolo Mila e il siciliano Giuseppe Addamo che hanno fondato la nuova startup (impresa emergente) denominata Vaia che produce oggetti di design con il legno degli alberi abbattuti dalla tempesta. I tre amici si erano conosciuti all’università e si sono autodefiniti la mente, il cuore e le gambe di Vaia: la mente è Federico, che ha avuto l’idea, il cuore è Giuseppe, le gambe appartengono a Paolo in collaborazione con tante altre persone.
Insieme hanno creato un amplificatore porta-smartphone utilizzando il legno degli alberi abbattuti dalla tempesta Vaia, recuperando così il materiale e dando lavoro agli artigiani locali. Per ogni prodotto venduto viene inoltre piantato un albero con l’obiettivo di far rivivere le foreste abbattute.
Vaia Cube è un amplificatore passivo costruito con due tipi di legno: l’esterno in abete e l’interno in larice e sfrutta la struttura incava del legno per orientare il suono del telefono in un’unica direzione e tramite la lavorazione del legno viene amplificato il suono del telefono. Una piccola magia da un oggetto così semplice!
Ora per le festività natalizie 2011 Aldo Alessandrini (classe 1950) ha creato nel piazzale della sua casa in via Dolomiti un singolare albero di Natale con 5.306 cubi Vaia “imperfetti” per un peso totale di 16 quintali lavorando sodo per 8 giorni. Aldo non è nuovo a tali imprese e ricordo tra il 1985 e il 1990 un albero natalizio di ghiaccio nella stessa posizione di quello attuale.
Aldo ha lavorato tanti anni alla Silvelox e si diletta di coltivazione della campagna e del suo grande orto alla periferia di Pergine.
Uno dei suoi “hobby” iniziato nel 1965 è la collezione di penne biro di tipo commerciale (autopromozione aziendale), alcune esposte in bacheche sulla pareti del vasto garage, altre in una vetrinetta in casa che sono le più particolari con forme strane (forma di picozza, termometro, peperoncino, Pinocchio, torre di Pisa...) e altre in scatole divise per tipologia (penne a clip, con fermaglio in metallo…) per un totale di circa 20.000 penne. Ci sono le penne ecologiche, le penne dei partiti politici, della Cassa Rurale di Pergine e della Cassa Rurale Alta Valsugana, di altre banche, dell’AVIS e di altre associazioni di volontariato, dell’Azienda dei servizi sanitari, delle varie attività perginesi, di servizi pubblici, di bar e alberghi, di comuni e province, di chiese e santuari, di bevande di ogni tipo (acqua, vino, birra), di università e scuole, di distributori di benzina, di automobili, camion e pneumatici, di associazioni varie, di sindacati, di città italiane… e altre ancora. La prima penna collezionata nel 1965 è dell’ENALC (Ente Nazionale Addestramento Lavoratori del Commercio).
Inoltre Aldo riesce a trasformare cose apparentemente inutili destinate all’eliminazione in “novità” con un tocco d’arte, un vero artefice del riuso! Bravo Aldo!