Pergine. Il diavolo e l'acquasanta in due rotatorie cittadine
- il Cinque
- 17 dic 2021
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di LINO BEBER –
Per chi arriva da Trento, dopo il ponte Regio che un tempo era il ponte di ferro nella zona dove sorgono i centri commerciali, il mobilificio fratelli Lorenzi e il centro multifunzionale dove un tempo c’era la fonderia ISI, una rotatoria che porta verso la stazione dei treni e al viale dell’Industria è stata dedicata allo scultore perginese Giovanni Linzo.
Nel 1979 il giornalista perginese Roberto Gerola (1942-2020) scrisse un volumetto edito dalla biblioteca perginese: “Saggio su Giovanni Linzo (scultore perginese 1499?-1559)”.

Le notizie della vita dell’artista, soprattutto nel periodo trascorso in Trentino, sono molto incerte. Forse la sua famiglia aveva origine olandese e il cognome Linzo probabilmente mutò poi in Lunz, cognome tuttora presente nel Perginese. Giovanni lavorò come scalpellino nella bottega dei due celebri scultori padovani Vincenzo e Gian Gerolamo Grandi, chiamati a Trento nel 1531 dal Principe Vescovo Bernardo Clesio al castello del Buonconsiglio. Dal 1543 al 1545 Giovanni lavorò a Venezia presso Jacopo Sansovino e nel 1545 emigrò in Svizzera, dapprima fino al 1549 a Basilea, dove realizzò alcune opere che si possono tuttora ammirare, tra le quali il pozzo dell’ariete (Widderbrunnen), la fontana della casa dei viticoltori decorata con le Muse (Rebhausbrunnen mit den Musen) e la nicchia a fontana decorata con conchiglie nello “Zerkinderhof” al centro di un locale adibito a lavanderia. Nel 1549 a Mariastein nel convento-santuario realizzò un bassorilievo con la crocifissione e poi a Basilea scolpì una fontana (Dornauszieherbrunnen) e la scultura di Sansone che vince il leone. Giovanni lavorò infine a Lucerna nella costruzione del palazzo Ritter fino alla sua morte per decapitazione avvenuta l’8 maggio 1559 accusato di eresia come seguace della dottrina di Martin Lutero.
Nel 2013 l’architetto Renzo Giovanni nell’ambito dell’Università della Terza Età organizzò una gita di 2 giorni in Svizzera alla riscoperta delle opere dello scultore perginese, ricordato nel 2019 nel film “Exitus - Il Passaggio” girato a Pergine e a Carisolo nello stupenda cornice della chiesa di Santo Stefano dal regista campano naturalizzato perginese Alessandro Bencivenga. Il film inizia in val Rendena e immagina un fantasioso incontro avvenuto nel 1539 tra il pittore Simone Baschenis, che sulla parete esterna della chiesa cimiteriale di Pinzolo sta dipingendo la famosa Danza macabra, con lo scultore perginese Giovanni Linzo che regala al pittore uno scrigno contenente il diario scritto da Margherita, moglie di Francesco Fugazza capitano del castello perginese, a partire dal 1348, anno della terribile pestilenza che colpì l’Europa. La seconda rotatoria, che si trova di fronte al nuovo ospedale Villa Rosa lungo via Spolverine, è intitolata al beato don Carlo Gnocchi (1902-1956), promotore dell’assistenza agli orfani di guerra e ai bambini mutilati, tanto da essere chiamato “padre dei mutilatini” e anche cappellano volontario nel Corpo degli Alpini durante la Seconda Guerra Mondiale. Sono stati proprio gli alpini che hanno voluto dedicargliela; l’idea era partita dal sacerdote levicense don Carlo Meardi, che la espose alla Sezione Ana di Trento e, tramite gli alpini perginesi, avviò i contatti con l’amministrazione comunale.
Don Carlo Gnocchi era alpino e si trovava in Russia con gli alpini della Tridentina, quando nel gennaio del 1943 iniziò la drammatica ritirata del contingente italiano e lui stesso fu soccorso, raccolto da una slitta e salvato. Dopo questa tragica esperienza, don Carlo iniziò la sua opera di assistenza agli alpini feriti e morenti e, raccogliendone le ultime volontà, maturò in lui l'idea di realizzare una grande opera di carità che troverà compimento, dopo la guerra, nella “Fondazione Pro Juventute”.
Ritornato in Italia nel 1943, Don Gnocchi iniziò il suo pellegrinaggio attraverso le vallate alpine, alla ricerca dei familiari dei caduti, per dare loro un conforto morale e materiale. Nello stesso periodo aiutò molti partigiani e politici a fuggire in Svizzera, rischiando in prima persona la vita. Venne arrestato dalle SS con la grave accusa di spionaggio e di attività contro il regime. Alla sua morte don Carlo fu sepolto nel Cimitero monumentale di Milano, nel 2009 fu dichiarato beato e ora la sua salma è esposta sotto l’altare nel santuario a lui dedicato nel quartiere di San Siro di Milano.