TRENTO - Per il Festival dell’Economia online, il ministro per l’Università e la ricerca Gaetano Manfredi si è confrontato ieri sera con l’editore Giuseppe Laterza e il rettore dell’Università di Trento Paolo Collini a proposito dei cambiamenti che la pandemia di Covid-19 ha portato nell’ambito della formazione universitaria. Cosa sta facendo il Governo e come cambiano le condizioni della didattica e della ricerca? Questi alcuni degli interrogativi a cui si è cercato di dare risposta, in attesa, ha ricordato Laterza in apertura, del Festival “live”, programmato per settembre. Perché il Festival, per citare uno dei suoi prestigiosi ospiti, Amartya Sen, è un grande esercizio di partecipazione democratica.
Il sistema universitario italiano, ha detto il ministro Manfredi, messo di fronte alla crisi del Coronavirus, ha risposto in maniera omogenea e cooperativa. Non era una scommessa scontata. Tutte le università italiane hanno raccolto la sfida della chiusura e dello spostamento di corsi ed esami sulla rete, ma hanno anche messo a disposizione le loro esperienze alle altre realtà. La prima valutazione, insomma, è positiva. La sfida ora è quella di cogliere questa opportunità per rendere la formazione universitaria italiana sempre più aperta ed inclusiva.
Continua dunque il percorso del Festival dell’Economia online, mentre si sviluppa nel Paese il dibattuto sulla ripresa economica. In questi giorni al centro dell’attenzione degli economisti c’è stato fra le altre cose il piano Colao, a cui sono seguiti gli Stati generali dell’economia organizzati dal Governo. “Bisogna fare di più perché questi temi vengano discussi pubblicamente – ha sottolineato ancora Laterza – in modo tale che anche i cittadini possano farli propri”.
Questa edizione online è naturalmente dedicata in primo luogo all’impatto del Coronavirus e ai temi della sanità. Uno dei settori su cui la pandemia ha impattato in maniera più forte è stato quello della formazione e dell' università.
“L’università deve riacquisire questo ruolo di luogo di discussione, se necessario anche aspra, ma leale e concreta – ha detto in apertura il ministro Manfredi, con una lunga esperienza anche come rettore dell’università di Napoli e presidente della CRUI, la conferenza dei rettori delle università italiane. – Avere una buona discussione è fondamentale per assumere buone decisioni. Riguardo all’impatto del virus, la prima decisione di chiusura ha riguardato alcune grandi regioni del Nord Italia, dove la pandemia era più virulenta. Volevamo far sì che comunque le attività didattiche continuassero, nella consapevolezza che la crisi sarebbe durata a lungo. Le regioni del Nord sono quindi passate alla didattica online, anche con gli esami e le lauree, e questo è stato un test molto positivo. Quando è stato introdotto il lockdown nazionale, il timore era che alcuni atenei, soprattutto di piccole dimensioni, anche nel Centro-Sud, potessero avere delle difficoltà. La risposta del sistema è stata invece omogenea e uniforme, offrendo a tutti gli studenti le stesse opportunità, in ogni parte d’Italia. Questo non è scontato perché in Italia i divari sono tanti: il divario Nord-Sud, ma anche quello fra aree interne ed esterne e così via. L’indirizzo del Ministero peraltro non è stato un indirizzo dirigista: abbiamo lasciato grande responsabilità all’autonomia universitaria. Qualcuno ci ha criticati, ma i risultati ci hanno dato ragione”.
Anche per Collini “il sistema si è mosso con una comunione di intenti sorprendente. C’è stata naturalmente una regia autorevole, data da un ministro che aveva esperienza diretta dei problemi della vita universitaria. Però si sono anche inventate modalità nuove: ad esempio è stata avviata una chat di rettori che ha consentito un ottimo scambio di informazioni fra i diversi atenei. C’è stato un momento in cui in alcune aree, soprattutto in Lombardia, la situazione era drammatica. Ma proprio lì si è visto che la cooperazione esisteva e funzionava, dentro a regole comuni scritte e non scritte che fanno parte della deontologia dell’università pubblica italiana”.
L’università, del resto, è per sua natura aperta alle novità, anche tecnologiche. Internet ad esempio è nato nell’ambito della difesa ma di fatto si è diffuso prima che in ogni altro ambito nel mondo universitario e della ricerca. Un mondo che ha in sé anche un po’ di sana competizione. “Questo è comprensibile – ha sottolineato il ministro – ma la competizione deve essere vista in una logica di miglioramento complessivo. L’eccellenza è fondamentale, a patto che serva anche a fare salire la qualità media”.
Ciononostante, la crisi ha avuto un impatto diversificato sul Paese. Sono necessarie ora misure ad hoc, tarate sulle diverse realtà: per borse di studio, digital divide, sostegno agli affitti in favore dei fuorisede e così via. Sono già stati messi a punto una serie di interventi, a volte nazionali, altre volte, è il caso degli affitti, regionali. “Questo è un tema importante per la nostra università – ha detto Collini – perché a Trento quasi il 70% degli studenti è fuori sede. Anche gli iscritti dal Trentino spesso vengono da zone piuttosto lontane rispetto a Trento e Rovereto. Noi abbiamo cercato di distinguere. Non tutti sperimentano condizioni di reddito peggiori rispetto al pre-crisi. Abbiamo perciò cercato di introdurre uno strumento per valutare le diverse situazioni. Capiamo che possa non fare piacere sostenere degli affitti dovendo poi rimanere chiusi in casa, senza seguire i corsi come in condizioni normali. Tuttavia, riteniamo che sia necessario intervenire in maniera quanto più possibile mirata ed equa, per aiutare soprattutto chi ha maggiori difficoltà”.
“Da questo punto di vista – ha sottolineato a sua volta Laterza – l’università ha tra i suoi compiti proprio quello di garantire mobilità sociale. Sostenere chi ha più bisogno è dunque una sua missione”. L’Italia negli ultimi anni ha investito poco in borse di studio e ha una tassazione mediamente alta (in Germania è molto più bassa) benché con l’allargamento della no-tax area circa un terzo degli studenti ne sarà esentato. C’è poi un altro tema: l’80% degli studenti universitari viene dal liceo. Il divario rispetto a chi frequenta scuole tecniche o professionali è fortissimo. “Questo gap va colmato – ha ribadito il ministro - mettendo a punto un sistema di formazione terziaria che guardi veramente a tutti, in linea peraltro con le norme europee, che ad esempio per l’accesso alle professioni prevedono una formazione ulteriore dopo il diploma”.
La pandemia ha messo l'università di fronte alla sfida del cambiamento, anche tecnologico. E' necessario ripartire da qui, all'insegna di una sempre maggiore inclusione, e guardando ad un mondo che del resto stava già cambiando profondamente ma che con il Covid-19 ha conosciuto una fortissima accelerazione. Cambierà la didattica, in presenza e da remoto ("a settembre comunque si tornerà in aula - ha sottolineato il ministro - lo abbiamo deciso fin dai primi di maggio"), per rispondere ad esigenze nuove, ad esempio quella della formazione continua. E cambierà la formazione, che dovrà essere sempre più professionalizzante - attenzione, non semplicemente "professionale" - per fare emergere davvero tutti i talenti e le vocazioni e liberandosi dal classismo che ancora in parte caratterizza il sistema italiano.
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