di LINO BEBER
Con Claudio Morelli, presidente del Museo degli attrezzi agricoli e artigianali di Canezza, e in compagnia di Filippo Broll, collaboratore del museo e laureando in Beni Culturali, ci siamo recati a Ozzano Taro, nel parmense, per visitare un museo unico.
ETTORE GUATELLI nacque a Collecchio (Parma) il 18 aprile 1921; è stato scrittore, ricercatore, maestro elementare e fondatore del museo della civiltà contadina che porta il suo nome a Ozzano Taro. Era figlio di mezzadri che dal 1910 lavoravano il podere Bellafoglia e amava definirsi maestro contadino.
Problemi di salute gli impedirono sia di dedicarsi all’agricoltura che di frequentare in modo costante la scuola. Pur cagionevole di salute fu arruolato nel 1942 come soldato di leva dell’esercito, da cui disertò dopo l’8 settembre 1943 per partecipare al movimento antifascista.
IN OSPEDALE CONOBBE il poeta Attilio Bertolucci (1911-2000), padre dei famosi registi Bernardo e Giuseppe e figura di riferimento nella sua formazione: Guatelli scriveva a macchina i testi che Bertolucci gli dettava e in cambio il poeta lo preparava all’esame di licenza magistrale. Nel 1945 Ettore conseguì il diploma magistrale. Nel 1948, ammalatosi di nuovo gravemente di tubercolosi, fu ospite dei sanatori di Jesolo e di Cortina D’Ampezzo. Nel dopoguerra si dedicò all'insegnamento e partecipò alla vita politica e culturale locale. In questo periodo cominciò a raccogliere vecchie cose, attrezzi e manufatti, arredi e abbigliamento, oggetti che rischiavano la distruzione.
NEL PERIODO IN CUI FU direttore delle colonie di Bedonia e Tarsogno (1951-1971) cominciò a frequentare i magazzini dei raccoglitori dell’Appennino, all’inizio solo per curiosità, in seguito per salvare dalla distruzione i mobili, le cose e gli attrezzi. Negli anni Cinquanta partecipò alla vita politica locale: fu eletto consigliere comunale a Collecchio e nel 1954 segretario dei deputati. Sempre in quegli anni a casa Guatelli, iniziò a riunirsi un gruppo di letterati e intellettuali di Parma che leggeva i diari di Guatelli e ne pubblicava alcune parti.
DOPO ANNI DI SUPPLENZE, nel 1968 vinse il concorso, passò di ruolo e insegnò alle scuole elementari fino al 1977, anno del pensionamento. Sempre attento ai fermenti culturali, negli anni '70 contribuì con numerosi scritti all'avvio di nuove riflessioni in merito alla "museografia del mondo contadino". La collezione e la costruzione del museo lo impegnarono fino alla sua scomparsa avvenuta a Ozzano Taro il 21 settembre 2000.
SUL FINIRE DEGLI anni '70 la raccolta incredibile di oltre 60 mila oggetti della vita quotidiana provenienti dalle case contadine e dai laboratori degli artigiani cominciò ad assumere dimensioni colossali, distribuendosi negli ambienti di lavoro e di abitazione e nel cortile, diventando un vero e proprio museo.
Dopo la morte del padre la figlia Annalice ha ceduto la raccolta alla Provincia di Parma e nell’autunno 2003 è nata la Fondazione Museo Ettore Guatelli e nella primavera del 2004 il museo fu aperto ufficialmente.
L'opera del fondatore non si limitava solamente a raccogliere gli oggetti, ma a informare anche sulle storie e sulle persone che a quegli oggetti erano legati per mezzo di schede che hanno documentato e conservato la storia di una parte significativa della nostra cultura.
LA VISITA GUIDATA da un volontario del museo ci ha tenuti impegnati per quasi 2 ore in un percorso degno di un labirinto, attraversando sale e superando scale e stupefacente è lo stile con il quale Ettore ha collocato tutta la sua raccolta in modo artistico a formare figure geometriche.
Ogni locale, le scale, i grandi stanzoni, le stanze compresa la sua camera da letto sono tappezzate ad arte di oggetti che hanno creato il museo del quotidiano e dell’ovvio.
Un vero tempio delle Muse di oggetti oggi dimenticati, museo di arte povera che arricchisce lo spirito di chi lo visita ricordando i tempi passati di “Quando eravamo povera gente”, titolo del libro dello scrittore veronese Cesare Marchi (1922-1992) pubblicato nel 1988.
Il mio ricordo di Ettore Guatelli
di JOHNNY GADLER
Conobbi Ettore Guatelli giovedì 27 marzo 1997. Ricordo di preciso la data per via della dedica che il maestro-contadino mi fece sul frontespizio del libro Il Bosco delle Cose che volle donarmi. Un volume con ricco apparato fotografico che racconta il suo mondo, la sua casa, il suo museo sui generis, le cui peculiarità sono ben riassunte nella presentazione: «Il Museo di Ozzano Taro è caratterizzato dalla profondità e dall'estensione degli aspetti documentari, ma la sua unicità sta nei criteri museografici adottati dal suo creatore: gli oggetti sono collocati in una scenografia che sfrutta tutto lo spazio museale, porte, travi, soffitti, pareti, finestre, privilegiando l'impatto visivo ed emozionale dell'insieme rispetto al singolo oggetto, per quanto "bello" e significativo. In questa scelta, personalissima e anticonformista, di Ettore Guatelli, nella frattura apparentemente inconciliabile tra il suo Museo e i progetti di museografia scientifica degli anni settanta, è inserita tutta la storia, più che ventennale, dei suoi rapporti con il mondo accademico, con i mezzi di comunicazione, con gli enti. Rapporti a volte difficili (in particolare con gli enti) e tuttavia sempre improntati alla ricerca di un'alleanza indispensabile ai fini della tutela, della conservazione, della valorizzazione e dell'uso pubblico del Museo Guatelli».
Quel giorno di marzo del 1997 fui invitato a Ozzano Taro proprio per partecipare a una di quelle prove di matrimonio fra il Museo Guatelli e l'ente pubblico.
La cerimonia si svolse nella splendida cornice del teatro regio di Parma. Ma il vero evento fu la sera, quando andammo a cena nella casa-museo di Ettore, il quale ci offrì pane, culatello, felino, parmigiano e abbondante lambrusco bianco.
Ettore morì nel 2000, senza aver visto il passaggio del Museo all'ente pubblico, matrimonio che un po' temeva, per la paura che la sua creatura venisse snaturata o destrutturata.
Per fortuna il Museo è rimasto quello di un tempo ed Ettore ne sarebbe felice. Forse è anche per questo che, entrando nelle varie stanze, si avverte ancora viva la sua presenza. Come se ce lo dovessimo ritrovare di fronte da un momento all'altro, magari nella camera degli orologi, per dirci: "Il Museo è qui". Proprio come scrisse molti anni fa su un foglietto, affisso con due chiodini al portone d'ingresso.
Questo era il maestro-contadino Ettore Guatelli: un genio umile, gioviale e ironico.
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