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I cambiamenti climatici? Non mettono a rischio la sopravvivenza del pianeta, ma la nostra presenza



Quello che sappiamo sul cambiamento climatico e le sue conseguenze è solo la punta di un iceberg ben più grande, ancora tutto da scoprire. È uno scenario preoccupante quello delineato per il nostro pianeta da Gernot Wagner, economista classe 1980 che insegna alla New York University e che nel 2015 ha scritto il libro “Climate shock”. I comportamenti di ognuno di noi nella vita di tutti i giorni, ad esempio fare correttamente la raccolta differenziata o utilizzare i mezzi pubblici, non basteranno a salvare la terra. Quello che serve è un intervento massiccio della politica, attraverso investimenti mirati a ridurre le emissioni di anidride carbonica.


Ciò che sappiamo sul cambiamento climatico e ciò che gli economisti possono quantificare è già di per sé allarmante. Quello su cui si è concentrato Gernot Wagner ieri sera al Festival dell’Economia di Trento è quello che non sappiamo riguardo l’argomento. Tutte le incognite vanno verso un’unica direzione: servono delle politiche più ambiziose sul clima, perché ne va della vita di tutti gli uomini e le donne del pianeta.

«Nell’economia dei cambiamenti climatici ci sono due fatti che sono sorprendentemente collegati all’attuale pandemia del Covid-19 – ha spiegato WagnerIn entrambi i casi osserviamo che ci sono dei cambiamenti esponenziali rapidissimi che sfuggono al nostro controllo. Inoltre, non c’è una conseguenza immediata alle nostre azioni o alle nostre mancate azioni. Le politiche ambientali che vengono attuate oggi non fanno alcuna differenza sulle temperature che ci saranno la prossima settimana, ma vedremo i loro benefici nei prossimi anni. In questo modo è difficile vedere quanto il nostro comportamento influenzi il clima».

Wagner ha introdotto quello che gli esperti di economia ancora non sanno con precisione: quali sono i costi che ogni tonnellata di Co2 emessa oggi causa nel corso della sua vita?

«Secondo i calcoli, il costo è di circa 50 dollari per tonnellata di anidride carbonica emessa, ma in realtà il numero è molto maggiore se pensiamo che l’innalzamento della temperatura può avere un rapporto non solo quadratico, ma  anche con una variabile maggiore. Il costo sociale dell’anidride carbonica, cioè quelli che sono i costi che ogni tonnellata di Co2 causa nel corso della sua vita, non è ancora chiaro».


Come altri esperti intervenuti in queste giornate al Festival, anche Gernot Wagner ha citato la Carbon tax, una tassa sui prodotti il cui consumo porta all’emissione di anidride carbonica. «Una Carbon tax non basta a risolvere tutti i problemi. Non possiamo pensare che basti pagare una tassa per ogni emissione, perché questo non porta a raggiungere il risultato a cui auspichiamo».

Wagner ha parlato poi di come i comportamenti individuali non facciano la differenza, come è emerso durante il lockdown, un periodo di immobilità estrema nel quale le emissioni si sono ridotte solamente del 17%. «Questo ha dimostrato come le azioni delle singole persone non siano sufficienti, ma che sono necessari maggiori investimenti per ridurre le emissioni».

Il coordinatore dell’incontro, Eugenio Occorsio, ha fatto notare come anche tre milioni di anni fa la concentrazione di Co2 nell’atmosfera fosse simile a quella di adesso. «Il livello del mare e le temperature erano anche più alte di adesso – ha ribattuto Wagner – ma dobbiamo ricordarci che i cambiamenti climatici non rischiano di far scomparire il mondo, ma tutti noi».



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