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Borgo: la "bomba al cobalto", culla della moderna radioterapia


Fine settembre 1953. L'arrivo della "bomba al cobalto" a Borgo Valsugana

Era la fine di settembre del 1953 quando, sotto scorta, giungeva a Borgo Valsugana il camion che trasportava la "bomba al cobalto". Il momento era solenne: negli occhi della gente la speranza, in quelli degli amministratori e sanitari anche soddisfazione. Erano riusciti a portare nel piccolo centro di provincia il primo impianto di cobaltoterapia in Italia e in Europa per la cura dei tumori, che operò a Borgo per circa trent'anni, finché tutte le attrezzature e i macchinari non furono trasferiti nel Centro Oncologico e di Medicina Nucleare presso gli Istituti Ospedalieri di Trento...

BORGO VALSUGANA – Era il 30 ottobre 1953, quando un giovanissimo medico radiologo, Claudio Valdagni, apriva emozionatissimo l’otturatore della seconda unità di telecobaltoterapia attiva al mondo, avviando di fatto l’era delle moderne armi di contrasto alle neoplasie; ciò avveniva nel piccolo ospedale S. Lorenzo, della piccola Borgo Valsugana, della piccola Valsugana, del piccolo Trentino, ad appena 8 anni dal termine del terribile conflitto mondiale, quando ancora il Trentino era coperto di macerie e la sensazione più diffusa era la fame.


QUESTO PICCOLO MIRACOLO si verificò grazie alla testardaggine e coraggio di un giovanissimo medico che alla radioterapia ed alle armi di contrasto legherà tutta la sua vita professionale, ma anche all’incredibile coraggio del sindaco Serafino Segnana, del presidente Cappelletti dell’Ente da cui dipendeva l’ospedale ed anche da altri concittadini che non ebbero esitazioni a sottoscrivere una cambiale per l’apertura in C/C di un fido per l’acquisto di questa meravigliosa (per quell’epoca) macchina (circa un controvalore di 400 mila euro), che apriva nuove insperate prospettive.

CLAUDIO VALDAGNI e la sua Equipe, tra cui il dottor Caumo, il tecnico Aldo Voltolini ed altri, lavorarono senza sosta arrivando pure a inanellare 24 ore continue di servizio, ma anche tra tanti mugugni ed invidie. Un barone della medicina dell’epoca, incontrando la moglie di Claudio Valdagni, Clelia Boriello, ebbe a spendere parole di consolazione poiché aveva sposato un sognatore e un ingenuo. Poco tempo dopo l’assistente di quel “barone” arrivò a Borgo Valsugana a chiedere di sottoporre sé stesso alle irradiazioni di cobalto per tentare di frenare un tumore assai aggressivo, su cui nulla avevano potuto le cure praticate dal suo mentore. Per anni l’ospedale S. Lorenzo fu un “faro”, un riferimento internazionale nel contrasto ale neoplasie tumorali, tanto che spesso nei convegni internazionali a fianco dei nomi dei più importanti centri oncologici mondiali si vedeva stagliarsi il nome dell’ospedale S. Lorenzo e di Claudio Valdagni.


SEMPRE IN QUEGLI ANNI, dal S. Lorenzo partì una rivoluzione importantissima per gli organigrammi dei nosocomi, con l’introduzione della figura del fisico ospedaliero e ciò accadde nel corso di un congresso celebrato presso le terme di Roncegno ed organizzato dallo staff del S. Lorenzo nel 1964, che segnò davvero il suo tempo.

Va ricordato che sino al 1953, venivano utilizzate radiazioni che “bruciavano” cellule sane e malate insieme ed era opinione comune che più “bruciavano” più era alta la speranza di sopravvivenza, senza badare ai danni (veri e propri disastri) che producevano sui corpi dei pazienti. Il Cobalto 60 consegnò al chirurgo un sottilissimo bisturi, che permetteva di intervenire solo sulle cellule malate.

Pochi anni dopo, nell’ospedale borghigiano venne installata una seconda unità di telecobaltoterapia e poco dopo si affiancarono altri potenti strumenti dotati di “alte energie”, insomma acceleratori, che Valdagni e l’ospedale decisero di testare per proseguire sulla “Caccia al Grande Killer”. Ancora dobbiamo sottolineare che Valdagni venne inserito tra “i padri della radioterapia” in un museo in Germania.


IL PICCOLO OSPEDALE del piccolo borgo, della piccola valle del piccolo Trentino, vide negli anni approdare anche “grandi nomi” alla ricerca di una speranza di vita, i cosiddetti “viaggi della speranza” portarono nel centro valsuganotto migliaia di persone da fuori provincia, dall’Italia e dall’Europa.

Bisogna ricordare qui l’episodio narrato dall’ingegnere canadese che accompagnò l’arrivo a Borgo Valsugana della Eldorado che disse: «Quando arrivò l’ordine per l’acquisto della Eldorado da parte dell’ospedale S. Lorenzo di Borgo Valsugana, tutti cercammo la città sulle carte geografiche certi si trattasse di un importante centro, ma non trovammo alcunché sulle mappe».

È storia conosciuta poi la “battaglia” per trasferire il centro oncologico all’ospedale S. Chiara di Trento, intitolandolo ad Angelo Giacomo Mott (il politico vicinissimo ad Alcide Degasperi che “costruì” il ministero della sanità) la nuova struttura che all’epoca (anni '80) era di assoluta avanguardia, avendo adottato tutte le procedure e macchinari, ma anche filosofie di lavoro dei grandi centri oncologici del mondo, che Valdagni visitò e frequentò a lungo.

CONOSCENDO QUESTA EPOPEA che segnò il volto di Borgo Valsugana davvero in tempi “epici”, un gruppo di persone, tra cui alcuni autori di libri sul fatto storico e scientifico, capitanati da Edoardo Rosso, diedero vita ad una associazione – Borgo Valsugana F.O.R. (ovvero Future of oncology and radiotherapy) – che aveva nel proprio oggetto sociale il recupero della macchina, ma anche la predisposizione di strumenti di conoscenza di quanto avvenuto. Edoardo Rosso fu autore e proponente di una mozione in Consiglio comunale votata all’unanimità, che impegnava l’istituzione a recuperare l’unità di telecobaltoterapia per ridare valore e rilevanza a questa memoria storica, culturale e scientifica.

Il prof. Claudio Valdagni "accarezza" la testa dell'unità

NEL COMITATO SCIENTIFICO della F.O.R sedevano, tra gli altri, nomi di assoluto valore come: dott. prof. Claudio Valdagni, dott. prof. Umberto Veronesi, dott. prof. Numa Cellini (oncologo del Santo Padre Giovanni Paolo II), dott. Marco Pierotti (direttore Scientifico Fondazione RCCS Istituto nazionale dei tumori),dott. Riccardo Valdagni (direttore radioterapia oncologica Fondazione RCCS Istituto Nazionale dei Tumori), prof. Alessandro Quattrone (direttore CIBIO) ed altri prestigiosi uomini di scienza.


IL DIRETTIVO DI Borgo Valsugana F.O.R. era composto da:

Edoardo Rosso (presidente), Claudio Valdagni (presidente onorario), Stefano Chelodi (vicepresidente curatore e autore di "Caccia al killer"), Giorgio Caumo (tesoriere), Ugo Simonetti, Marisa Chelodi (architetto progettista), Luigi Cima, Aldo Voltolini, Monica Ropele (docente e autrice del libro “L’Atomica della Salute”).

Con un grande spirito di servizio e grande sforzo venne dato il via all’azione di recupero di Eldorado (il nome della unità di telecobaltoterapia) che era nei giardini di un centro di ricerca di Trento, ed alla progettazione e realizzazione di un sito in cui esporre la macchina individuando il terreno. La fortuna aiuta davvero gli audaci, ed aiutò i membri di F.O.R. che grazie alla disponibilità della APSS (sia Trento che Borgo Valsugana) individuarono uno spazio idoneo presso l’ospedale S. Lorenzo. Inoltre l’allora assessore alla sanità, Ugo Rossi, in seguito Presidente della Provincia Autonoma di Trento, promise un sostegno economico alla iniziativa e sostegno reale fu.

ALCUNI PROGETTISTI si misero a disposizione gratuitamente per predisporre il progetto, la parte esecutiva e curarne la direzione lavori e furono davvero molto disponibili: arch. Marisa Chelodi, ing. Mario Morandini

ing. Bruno Moratelli, ing. Pierluigi Coradello.

Grazie ad un enorme lavoro di Edoardo Rosso e Giorgio Caumo, il “museo” vide la luce e venne inaugurato e la “bomba” ottimamente restaurata venne esposta, accompagnata da pannelli esplicativi. L’installazione, tra l’altro, progettata dall’ arch. Marisa Chelodi, richiama proprio “il bunker” dove l’unità era collocata nella realtà.

L’Associazione F.O.R. si è fatta anche promotrice di attività divulgative, che hanno tra l’altro portato ad includere Borgo Valsugana tra le “Città del Sollievo” che include tutte quelle realtà che si sono attivate per “lenire” le sofferenze dei malati di tumore, ed oggi due targhe alle estremità del paese ricordano questo fatto.


L'ASSOCIAZIONE, svolto il suo compito (recupero e posizionamento della Eldorado e divulgazione della storia di questo fatto eccezionale), è andata allo scioglimento, consegnando al Comune il sito museale, oggi incluso anche nella rete dei musei trentini, donando alla locale APSS quanto disponibile sul C/C, predisponendo una piccola pubblicazione ed approntando un programma di divulgazione nelle scuole medie della Valsugana.

Certo di aver ottemperato fino in fondo al proprio impegno, il presidente Rosso con estrema commozione, in una assemblea sociale recente ha dichiarato chiusa l’esperienza della Borgo Valsugana Future of Oncology and Radiotherapy, ringraziando di cuore, Amministrazione, APSS, professionisti che hanno prestato l’opera, PAT e tutti i membri della Borgo Valsugana F.O.R. per l’impegno profuso a favore ed in favore del territorio, ma anche del recupero di una importantissima memoria storica, scientifica e sociale.
















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