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Paolo Gonzo, direttore CRVT: «La voglia di ricominciare è tanta e ce la faremo»

Aggiornamento: 8 giu 2020


Il Direttore Generale Paolo Gonzo e il Presidente Arnaldo Dandrea


di JOHNNY GADLER


Nel gennaio scorso avevamo intervistato il Direttore Generale della Cassa Rurale Valsugana e Tesino, Paolo Gonzo, affinché ci illustrasse gli ottimi risultati conseguiti dalla Cassa Rurale Valsugana Tesino nel corso dell’ultimo triennio, allargando lo sguardo all’economia valsuganotta che, dopo anni piuttosto difficili, mostrava segnali di netta ripresa. Dopo lo tsunami provocato dall’epidemia Coronavirus, siano tornati dal Direttore Gonzo per aggiornare il quadro della situazione alla luce dell’emergenza sanitaria in atto.



Direttore Gonzo, ci eravamo lasciati nel mese di gennaio con un’intervista in cui dichiarava la soddisfazione, Sua e della Cassa Rurale Valsugana e Tesino, per i buoni risultati ottenuti dal vostro istituto e per la situazione generale di imprese e famiglie della Valsugana che invitavano a un cauto ottimismo per il futuro. Vede ancora il bicchiere mezzo pieno dopo questa tempesta dovuta al Coronavirus?

«Lo scenario che si prefigurava a gennaio era proprio quello testé descritto. Noi venivamo da tre anni nei quali avevamo gestito una fusione molto impegnativa che però aveva prodotto ottimi frutti.»


Li vogliamo ricordare?

«Certamente. Avevamo chiuso il 2019 con un utile di circa 6,45 milioni di euro (+8,05%), a rafforzamento di un patrimonio che si attesta a circa 88,71 milioni (+9,59%), il che ci conferma una banca forte e solida, certificata da un Cet1 del 19,33%, decisamente superiore alla media delle banche italiane che è del 13%. Inoltre la nostra Cassa Rurale sul lato dei prestiti in tre anni ha erogato 270 milioni di euro, la crescita netta è stata di 45 milioni di euro, mentre abbiamo portato fuori dalla banca i cosiddetti prestiti deteriorati, che infatti sono calati di circa 43 milioni di euro. Insomma, tutti dati che in prospettiva ci facevano e tuttora ci fanno guardare al futuro con un cauto ottimismo. Gli economisti dicono però che c’è sempre un cigno nero che incombe, ovvero un evento non previsto e che ha effetti rilevanti sulla società e sull’economia.»


In questo caso il cigno nero è stato il Covid-19…

«Appunto. Una situazione del tutto inattesa che, dal nostro punto di vista, inizialmente abbiamo trattato con molta prudenza, seguendo scrupolosamente tutte le indicazioni forniteci dalle autorità, talvolta cercando di interpretarle. Ora però che lo choc iniziale è stato metabolizzato e che si sta parlando di ripartenza, respiro tra gli imprenditori valsuganotti – con i quali siamo sempre stati in contatto in queste lunghe settimane – una forte voglia di ricominciare, un po’ quell’adrenalina che si avverte nei gran premi di Formula 1 quando sulla griglia di partenza tutti scaldano i motori in attesa del via. Trovo che da parte loro questo atteggiamento sia molto propositivo – non per nulla sono degli imprenditori! – anche se non sarà affatto facile e non è così automatico che tutto andrà comunque bene a prescindere. Sicuramente i settori del turismo e della ristorazione saranno quelli più penalizzati e avranno la strada molto più in salita rispetto a tanti altri. Tutti sanno, e la cosa sicuramente non fa piacere a nessuno, che per ripartire dovranno affrontare delle spese maggiori, perché l’osservanza delle regole e la dotazione dei dispositivi di protezione individuali graveranno sui costi con possibili ripercussioni sui prezzi, ma la voglia di ricominciare è tanta e questo è un approccio certamente positivo.»

Per quanto riguarda le famiglie, invece, come la vede…

«Sicuramente in alcuni casi ci sono state delle sofferenze, ma per fortuna nel nostro territorio molti godono delle pensioni che continuano ad arrivare, tanti altri lavorano nel settore pubblico e “parapubblico”, mentre nel settore privato nei casi più estremi vi è stato il ricorso alla cassa integrazione, strumento previsto proprio per sostenere momenti di difficoltà come questo. Complessivamente, quindi, non rilevo situazioni di particolare difficoltà, se non in merito all’aspetto sanitario e alle restrizioni delle libertà personali. Quello che mi preme sottolineare, invece, è il grande slancio di solidarietà da parte del territorio, che in sole due settimane ci ha permesso di raccogliere 70 mila euro da donare all’Ospedale di Borgo Valsugana per far fronte a questa emergenza. Una bella prova di sensibilità e umanità da parte di tutti, a testimonianza che nelle nostre comunità quando si presenta una difficoltà, la si affronta tutti assieme e di certo non si scappa. Anche sul fronte degli imprenditori ho visto, con piacere, la voglia di onorare i propri impegni, pagando i fornitori e i dipendenti, a dimostrazione del fatto che si tratta di una classe imprenditoriale sana, che ha chiara la responsabilità sociale del proprio ruolo.»

Per quanto riguarda le vostre filiali, invece, come vi siete organizzati durante il lockdown?

«Il decreto prevedeva che le banche rimanessero aperte e funzionanti. Abbiamo ovviamente dovuto limitare l’accesso solo su appuntamento e per questioni emergenziali, cercando di spingere tutte le altre richieste sui canali virtuali, home banking, bancomat, telefono, mail, SMS, whataspp.»

Come è stata accolta questa novità da parte della clientela?

«Soci e Clienti hanno compreso subito e pienamente la situazione, recependo molto bene le novità, peraltro senza riscontrare particolari difficoltà, anche perché abbiamo continuato a fornire supporto telefonico per qualsiasi richiesta. Per la Fase 2 rientriamo tutti al lavoro, anche chi prima svolgeva lo smart working da casa, ma l’accesso alle filiali continuerà ad essere regolamentato e limitato suonando il campanello. Tutte le filiali verranno riaperte, anche quelle più piccole potranno funzionare la mattina a giorni alterni. Si tratta di un primo segnale di ritorno alla normalità e di lavoro ne abbiamo davvero tanto, un po’ per gestire le richieste degli imprenditori, un po’ sulle moratorie dei mutui piuttosto che sulla liquidità per ripartire e poi anche perché, parlando dei risparmi dei clienti, ci sono mercati che sono stati molto in subbuglio nel mese di marzo, anche se ora sembra che vadano verso una riduzione del rischio… Insomma, ci sarà sicuramente da fare qualche ragionamento assieme ai nostri clienti.»

Una vostra iniziativa molto apprezzata dalla popolazione, ancorché slegata dall’ambito strettamente economico-finanziario, erano gli incontri culturali promossi sul territorio. Prevedete di riprenderli nel corso dell’anno oppure ormai slitta tutto al 2021?

«Pensiamo di organizzare qualcosa in autunno, anche se probabilmente dovremo accontentarci di incontri virtuali attraverso il computer, poiché difficilmente potremo radunare centinaia di persone in una sala. La partecipazione fisica dal mio punto di vista è sempre la migliore e quella che mi entusiasma di più, proprio per via del contatto diretto con gli interlocutori e con i partecipanti, ma in questa occasione faremo senz’altro di necessità virtù, sperimentando nuove formule di dibattito e di condivisione delle idee».

C’è qualche considerazione che questa pandemia Le ha suggerito?

«Sì, riflettevo sul fatto che in situazioni così critiche credo si torni ad apprezzare il ruolo dei negozi di vicinato, delle famiglie cooperative, della banca locale. Dovremmo ricordarci, quando sarà passata l’emergenza, quanto risulti importante avere degli interlocutori con la testa e con le gambe sul territorio e che lavorano nell’ottica di farlo crescere. Se noi ad esempio negli anni scorsi non avessimo lavorato bene, ottenendo quei risultati di cui ho detto sopra, ora non avremmo tutti gli strumenti e soprattutto le risorse necessarie per affrontare una situazione così complessa. Insomma, se non avessimo messo il fieno in cascina in passato (il famoso Patrimonio), ora non potremmo sostenere gli ospedali e tutte le associazioni del territorio. Ricordo che soltanto nel 2019 abbiamo erogato a favore del volontariato quasi 400 mila euro. Una cifra davvero importante, che avremmo anche potuto decidere di impiegare diversamente, magari sotto forma di sconto ai clienti al fine di apparire i più competitivi sul mercato. Questa cifra, suddivisa fra tutti i nostri clienti, avrebbe però corrisposto sì e no a 10 euro a testa. Ora mi chiedo: è più importante avere 10 euro di sconto in tasca, o sapere che la propria Cassa Rurale grazie a quei 10 euro sostiene tutte le attività sportive, culturali, di volontariato e le pro loco del territorio, realtà che lavorano ogni giorno, gratuitamente, per il bene di tutti noi e dei nostri figli? Io credo che questa domanda abbia un’unica risposta possibile, perché chi insegue solo il prezzo migliore, magari per pochi spiccioli, non fa sicuramente il bene del proprio paese e, alla fine, nemmeno il proprio interesse».


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