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Giovanni "degli Archi" Vettorazzo: da Rovereto a Cinecittà e ritorno


Giovanni Vettorazzo

Giovanni Vettorazzo nasce a Rovereto nel 1953 da genitori insegnanti. Il padre è il famoso prof. Guido Vettorazzo, alpino e appassionato di volo a vela con l’aliante. Giovanni ci racconta alcuni tratti salienti della sua carriera di attore e gli sviluppi dell’attività di costruttore di archi e frecce.


di GIOVANNI FACCHINI


ROVERETOGiovanni, ci racconta qualcosa della sua infanzia?

«Sin da piccolo ero appassionato di arte, grazie principalmente a mio padre Guido Vettorazzo che, dopo la ritirata dalla campagna di Russia con la truppa alpina nel 1942, insegnò educazione artistica. Iniziai così a “giocare con l’arte” ed ero un bambino felice. Avrei anche voluto diventare un cuoco. Mi divertivo molto aiutando mia madre a fare il sugo di pomodoro, per conservarlo nelle bottiglie, sostenuto anche dall'occhio esperto della mia cara nonna.»


L'inizio della carriera artistica?

«Al liceo classico, per una punizione ricevuta da un’insegnante, imparai a memoria il monologo di Pirandello L'uomo dal fiore in bocca; l’esito fu talmente positivo che dovetti girare ogni classe del liceo per farlo ascoltare. Tutto iniziò così. Poi a Rovereto incontrai la compagnia dell'ex direttore del Teatro Stabile di Bolzano Maurizio Scaparro e di Pino Micolo che provavano l'Amleto di Shakespeare e sostituii un attore infortunato per tre mesi. L'anno successivo, al Piccolo Teatro di Milano, c’era disponibilità per il ruolo di protagonista nel Campiello di Carlo Goldoni e per quattro anni girai l'Europa con Maddalena Crippa, Pamela Villoresi e la superlativa regia di Giorgio Strehler


Oltre che in teatro, ha lavorato nel cinema e in televisione...

«Sì e con ruoli da protagonista…visto che ero giovane e molto bello. All’attivo ho ben settanta film, non è poco. I primi della mia carriera sono stati Lo chiamavano Bulldozer con Bud Spencer e Il Vizietto numero 2 con Ugo Tognazzi


Nei suoi film con chi ha avuto più feeling artistico?

«Un incontro importante è stato col regista Sandro Bolchi, con cui feci il primo lavoro televisivo nel 1981 Dei miei bollenti spiriti, un romanzo comico scritto dal trevigiano Gino Pugnetti, in cui lavoravo con l’attrice francese Marina Vlady


Altri incontri importanti?

«Carlo Verdone, col quale ho partecipato ai film Compagni di scuola e Al lupo al lupo; Carlo Lizzani, nel film tv RAI Assicurazione sulla morte con Patrizia Millardet, attrice francese che interpretava la giudice Silvia Conti ne La Piovra; Ugo Tognazzi, con cui mi trovavo spesso le domeniche a pranzo; il regista Luigi Magni, nella serie TV Il generale del 1985 dedicata a Giuseppe Garibaldi


Lei vive a Rovereto. Altre esperienze lavorative regionali?

«Nel corso degli ultimi anni ho trascorso molto tempo a Rovereto con la mia famiglia e da poco ho lasciato Roma per ritornare a vivere qui nel capoluogo vallagarino. Al Teatro Zandonai di Rovereto, con la scuola andavamo a vedere spettacoli e commedie teatrali di numerose compagnie italiane, che animavano la città per parecchie giornate. Ricordo quando l’allora sindaco passava nei camerini a metà spettacolo per stappare lo spumante con attori e staff. Ora però è molto triste vedere i teatri vuoti. Conservo anche un ottimo ricordo del Teatro di Pergine Valsugana, composto da uno staff di giovani intellettuali attivi, curiosi e appassionati, come dovrebbe essere dovunque. In regione, quando Marco Bernardi era il direttore del Teatro Stabile di Bolzano, ho interpretato delle parti ne Il ritorno dalla guerra di Ruzzante con Andrea Castelli, L'arialda di Giovanni Testori, La cucina di Arnold Wester, quest’ultimo realizzato con sette giovani attori di Rovereto. Ad esempio i film che adoro degli ultimi anni sono stati girati proprio in Trentino: Foresta di Ghiaccio di Claudio Noce, girato alle Sarche e Prezzo; In fondo al bosco di Stefano Lodovichi, girato nelle zone di Cavalese, Vigo di Fassa e dintorni.»


Nel corso degli anni è diventato “Giovanni degli Archi”. Ci racconta come e perché?

«La passione per la manualità mi accompagna sin da piccolo, ma il film Tv del 1967 La Freccia Nera con Loretta Goggi come protagonista, mi portò ad appassionarmi seriamente agli archi e dieci anni dopo ho iniziato a costruirli, soprattutto quelli simili a quelli dei nativi americani e di Robin Hood. Per un periodo, pur continuando a fare l’attore, è diventato un secondo lavoro con una mia piccola azienda, in cui ho prodotto qualche centinaio di archi.»

Un secondo lavoro che però ha anche fatto parte della sua carriera artistica...

«Vero, nel 1983 nel film Thunder di Fabrizio De Angelis girato in Arizona, interpretavo un poliziotto e insegnai al mio collega Marco Di Gregorio a tirare le frecce in movimento. Ricordo perfettamente quando, nel ruolo di controfigura, dovevo mirare agli pneumatici delle automobili dei poliziotti e al sedile di un elicottero in sospensione aerea a distanza di molti metri. Nell'opera teatrale con la regia del tedesco Stein, Graziano Piazza nel ruolo di Achille veniva affrontato da ventinove amazzoni con archi in bambù e frecce che io stesso producevo nel corso delle nottate e che insegnavo ad utilizzare correttamente.»


E ora?

«Ora, invece, realizzo unicamente per uso personale nel mio piccolo laboratorio casalingo sia gli archi, in particolar modo di frassino e faggio, che le frecce, che utilizzo per bersagli e tiro al volo…in attesa di altri ruoli cinematografici.»



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