Se un tempo una finanza “etica” e “sostenibile” poteva apparire una contraddizione in termini, oggi invece è una bella realtà, un nuovo approccio al mondo della finanza e degli investimenti, imposto sì dall’Unione Europea ma, prima di tutto, dal momento storico che l’umanità sta attraversando. Ne abbiamo parlato con Damiano Fontanari dell’Area Finanza della Cassa Rurale Valsugana e Tesino.
Fontanari, perché la finanza è diventata etica e sostenibile?
«Ce lo impone la storia. Tutti siamo chiamati ad una maggiore responsabilità e a modificare comportamenti dannosi per l’ambiente, il sociale, il modo di governare Stati ed aziende, proiettandoci così verso un mondo più green, più corretto, più giusto. Ad imporci tale percorso è stata anche la Commissione Europea, con il Piano d’Azione per la finanza sostenibile, in attuazione dell’Accordo di Parigi sul clima e dell’Agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile, in cui si delineano strategia e misure per realizzare un sistema finanziario in grado di promuovere uno sviluppo sostenibile sotto il profilo economico, sociale e ambientale».
Quali obiettivi ha il Piano d’Azione?
«Riorientare i flussi di capitali verso investimenti sostenibili per una crescita sostenibile e inclusiva. Poi gestire i rischi finanziari legati ai cambiamenti climatici, l’esaurimento delle risorse, il degrado ambientale e le questioni sociali. Infine promuovere la trasparenza e la visione a lungo termine nelle attività economico-finanziarie».
Cosa s’intende, in concreto, per “investimento sostenibile”?
«Investimento in un’attività economica che contribuisca a un obiettivo ambientale, misurato – ad esempio – mediante indicatori chiave di efficienza delle risorse concernenti l’impiego di energia, l’impiego di energie rinnovabili, l’utilizzo di materie prime e di risorse idriche e l’uso del suolo, la produzione di rifiuti, le emissioni di gas a effetto serra, nonché l’impatto sulla biodiversità e l’economia circolare o un investimento in un’attività economica che contribuisca a un obiettivo sociale, in particolare alla lotta contro la disuguaglianza, o che promuova la coesione sociale, l’integrazione sociale e le relazioni industriali, o un investimento in capitale umano o in comunità economicamente o socialmente svantaggiate a condizione che tali investimenti non arrechino un danno significativo a nessuno di tali obiettivi e che le imprese che beneficiano di tali investimenti rispettino prassi di buona governance, in particolare per quanto riguarda strutture di gestione solide, relazioni con il personale, remunerazione del personale e rispetto degli obblighi fiscali. Faccio un esempio: se una multinazionale emette un titolo interessante, ma poi si scopre che non rispetta i temi del lavoro, dell’inclusione, della schiavitù e così via, in base alle nuove regole il mercato finirà per abbandonarla e quindi quell’azienda non potrà più accedere ai mercati per avere finanziamenti e disporre della liquidità necessaria per portare avanti il proprio business».
Nel Piano d’azione rientra anche il Regolamento UE 2019/2088, il cosiddetto SFDR. Di che cosa si tratta?
«Il Regolamento, in vigore dal 1° marzo scorso, è un’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari, volta a fornire agli investitori finali trasparenza e informazioni in merito all’integrazione dei rischi di sostenibilità e degli impatti negativi sui fattori di sostenibilità nei processi decisionali dei partecipanti ai mercati finanziari e dei consulenti finanziari. L’SFDR introduce tre nuove macrocategorie: prodotti finanziari che promuovono caratteristiche ambienti o sociali (“light green” ex art. 8); prodotti finanziari che hanno come obiettivo un investimento sostenibile (“dark green” ex art. 9) e prodotti finanziari che non presentano caratteristiche di sostenibilità.»
Regole che tutte le banche sono chiamate ad osservare, compresa quindi la CRVT e il gruppo CCB cui fate riferimento. Com’è stato questo adeguamento per voi?
«Molto positivo. Abbiamo scoperto con piacere che il Gruppo Cassa Centrale, e quindi anche la Cassa Rurale Valsugana e Tesino, rientra nel gruppo dei più lungimiranti, perché anche quando i parametri della finanza etica e sostenibile non erano ancora così ben delineati, il nostro Gruppo già operava scelte che andavano in tale direzione. Possiamo dire di essere stati una banca etica e sostenibile ante litteram. Ne è la riprova il fatto che le gestioni patrimoniali proposte da CCB, uno dei servizi che mettiamo a disposizione dei clienti per la gestire i loro risparmi, sono al 100% classificabili ex art. 8 ai sensi dell’SFDR e sono tutti sotto il presidio ESG, acronimo delle parole inglesi Environmental, Social and Governance che identificano i tre fattori centrali nella misurazione della sostenibilità di un investimento: l’ambiente, il sociale e la governance».
I risparmiatori come hanno accolto tali offerte?
«I nostri Soci e Clienti hanno attivato quasi 1.800 mandati di gestione, per più di 130 milioni di euro. La nostra attività tradizionale è quella di suggerire ai clienti la costruzione dei portafogli attraverso i p.a.c., ovvero i piani di accumulo capitale. Ne abbiamo attorno alle 18 mila unità, su un totale di circa 30 mila clienti. Guardando al totale storico risulta che circa il 30% è impostato su comparti della gamma Ethical del NEF che è, lo ricordo, il fondo d’investimento creato per offrire una soluzione di qualità alle esigenze di gestione del risparmio dei clienti delle banche con un forte radicamento sul territorio. NEF offre al risparmiatore la possibilità di costruire un portafoglio ampiamente diversificato in funzione della propria strategia di investimento grazie ai suoi comparti, fra i quali ve ne sono 4 Ethical. Dai nostri dati vediamo che dei 2 mila nuovi piani attivati nel 2021, ben 1650 hanno scelto i comparti Nef Ethical con preferenza assoluta sul Nef Ethical Global trends SDG che è tra quelli definibili dark green ex art. 9».
Previsioni per il futuro?
«Un recente studio di CCB evidenzia che gli investimenti tradizionali sono destinati a ridursi, mentre si stima che in cinque anni i fondi sostenibili potrebbero raggiungere quasi il 60% dei fondi comuni di investimento. Siamo convinti che la sostenibilità non sia più una questione di nicchia, ma una reale necessità cui rivolgere i nostri sforzi e servizi di consulenza, al fine di orientare i flussi finanziari verso investimenti sempre più sostenibili ed allineati con gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ ONU. La finanza etica e sostenibile, insomma, non è più solo uno slogan accattivante, ma una bella e concreta realtà».
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