di IVAN PIACENTINI
Il 18 e 19 giugno a Borgo Valsugana arriva Keiko Wakabayashi, una leggenda vivente del Judo, insegnante di arti marziali a vari livelli: fra i suoi allievi anche numerosi militari della Brigata Folgore...
BORGO VALSUGANA – Un consiglio che gli aspiranti scrittori e sceneggiatori si sentono dare è quello di non limitare mai la propria fantasia. Il motivo lo riassume Mark Twain: «la verità è più strana della fantasia perché la fantasia è costretta ad attenersi al probabile, mentre la verità, invece, no».
Qualche esempio? Uno scontro a fuoco tra un blindato e un pollaio. Una battaglia tra mietitrebbiatrici. Ma anche un soldato che continua a combattere una guerra finita da trent’anni, e persino un re che assiste al proprio elogio funebre.
O una bambina, nata nel 1931 e discendente da una famiglia di samurai, che diventa esperta di arti marziali. Una donna, cintura nera di altissimo livello in più discipline, che padroneggia armi come spada, bastone, lancia, ventaglio da guerra; una maestra che a un certo punto della sua vita si trasferisce in Italia e si mette a disposizione di chiunque sia interessato. Così, assieme al maestro Giancarlo Bagnulo (cintura nera 7° dan di Jujutsu ed esperto internazionale di difesa personale), questa vera e propria leggenda vivente, Keiko Wakabayashi, a giugno sarà ospite del Judo Club Borgo Valsugana. In previsione di questa visita eccezionale l'abbiamo intervistata.
Keiko, ci racconta qualcosa sulla sua infanzia e sugli studi...
«All’epoca l’educazione era molto rigida. Al liceo, le donne imparavano l’arte del tè e dei fiori, o il pianoforte, i ragazzi il kendo. Tranne durante la guerra, quando veniva insegnato come spegnere gli incendi, usare le bombe a mano e fabbricare le lance di bambù. Grazie a mio padre, comunque, ho potuto avvicinarmi sin da piccola alle arti marziali, finché il loro insegnamento non è stato vietato dagli americani, subito dopo la guerra. Mio padre, che era un uomo politico, cercò in tutti i modi di proteggere i tratti culturali del Giappone (come lo shintoismo e le arti marziali appunto) per poterli tramandare alle generazioni future. Nel frattempo, mi sono diplomata al conservatorio di Tokyo in canto e musica occidentale.
Frequentando gli occidentali, spesso mi facevano domande sul Giappone: ho imparato la cultura giapponese negli aspetti più profondi, per poterli trasmettere a chi era interessato. Così a 37 anni ho iniziato a frequentare il Santuario Meiji, a Tokyo, all’interno del parco del palazzo imperiale. Qui c’era una palestra per chi desiderava imparare le arti marziali giapponesi, ed ho cominciato con l’Aikido.»
Dopo pochi anni, sotto la guida di Kisshomaru Ueshiba (figlio del fondatore dell’Aikido), arriva all’insegnamento, e alla cintura nera in molte altre discipline. E l'arrivo in Italia?
«Semplice. Ho seguito mia figlia in Italia nel 2001 e ho incontrato alcune persone interessate allo studio delle arti marziali giapponesi. Così ho cominciato a insegnare anche qui.»
La sua idea di insegnamento?
«Trovo che canto ed arti marziali abbiano molto in comune: in entrambe la respirazione e il corpo sono fondamentali. Contano persino le dita: studiando pianoforte ho imparato ad utilizzarle in maniera indipendente, in parallelo con la tecnica per impugnare la spada, nella quale sono le dita e non la forza a dare stabilità alla presa. E poi l’allegria e la generosità: chi non è generoso impara solo la tecnica, non certo la filosofia alla base di queste arti marziali. Inoltre, il Jujutsu è una disciplina, non uno sport. Se insegno ai militari (della Brigata Folgore, nda) che lo praticano per sopravvivenza lo faccio in un certo modo, ma per le persone “normali” può essere pericoloso. Così punto sempre a fare capire la pericolosità di queste tecniche.»
Quanta differenza c’è tra Giappone e Occidente nella concezione di queste arti marziali?
«In genere in Giappone ci si concentra molto sulla forma. Ad esempio si allena tanto ukemi (la caduta) anche per un senso estetico. Invece qui l’attenzione è rivolta di più a waza (le tecniche) e all’efficacia. A volte chi comincia ad allenarsi non riesce ad essere efficace perché cerca di completare le tecniche con la forza. Si tratta invece, come ho già detto riguardo all’impugnare la spada, di sensibilità e di pratica. Quando queste persone lo capiscono, il loro interesse per queste discipline aumenta enormemente.»
Cosa direbbe a chi volesse avvicinarsi alle arti marziali?
«Prima di tutto praticare e allenarsi. Proseguendo, si comprende la loro essenza: non sono una corsa alla cintura nera, ma più un cammino verso sé stessi. È un’arte frutto di una ricerca personale interiore, anche se parte di questo percorso è responsabilità di chi insegna.»
Nel ringraziarla, possiamo dirle che la ammiriamo?
«In genere tutti hanno un qualcosa che ammirano. Possono essere degli animali, dei fiori, uno scrittore, il manga e così via. Nel mio caso è Snoopy. Ho conosciuto Charles Monroe Schultz, era una persona meravigliosa, divertente e spirituale. Ogni volta che vedo Snoopy rivedo e capisco me stessa: non ne conosco l’esatta ragione, ma sento che riflette la mia vera natura.»
GLI APPUNTAMENTI
Venerdì 18 giugno 10.00 – 11.00 Piazza Degasperi
Incontro pubblico con il paese di Borgo e i bambini. La maestra Keiko Wakabayashi, esperta di Shodo – arte della scrittura giapponese – si divertirà a scrivere frasi o nomi in giapponese su magliette e cinture.
Venerdì 18 giugno 16.00 – 19.00 Parco della Pace
Stage aperto a tutti di ginnastica dolce e di difesa personale.
Sabato 19 giugno – Palazzetto dello sport
Stage ad iscrizione per praticanti di arti marziali, tenuto dai maestri Wakabayashi e Bagnulo.
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